Finanziamenti – AgevolazioniServizi e consulenze

Esegui una nuova ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#Finsubito
News_1
News_2
News_3
News_4
News_5
Video Agevolazioni
Video News


America-Cina Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera

Marted 26 settembre 2023

Il sub filippino che sfida Pechino
editorialista di michele farina

Oggi la foto di apertura è dedicata alle migliaia di profughi armeni come questa bambina di cui non conosciamo il nome, addormentata sui pochi averi di famiglia in fuga dal «giardino nero» del Nagorno-Karabakh. Le storie della newsletter rincorrono l’attualità: la crisi del colosso immobiliare cinese Evergrande, i lavoratori dell’auto in sciopero che ricevono le visite di Biden e Trump, il commercio mondiale che diminuisce, il temerario blitz di un equipaggio filippino per rimuovere una barriera galleggiante voluta da Xi Jinping, la Russia di Putin che briga per rientrare nel Consiglio Onu per i diritti umani, gli aiuti per l’Ucraina «bloccati» a Washington, una intensa lettera da Kiev (un santo-ammiraglio e gli eroi senza sepoltura), due sorprendenti cartoline americane (una molto autunnale). In fondo, due notizie sulla crisi climatica che investe noi mammiferi: adesso e tra 250 milioni di anni.

Buona lettura.

La newsletter America-Cina è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it.

1. Biden e Trump corteggiano i lavoratori dell’auto
editorialista
di viviana mazza

corrispondente da New York

Oggi e domani vedremo Joe Biden e Donald Trump contendersi in piazza il primato tra i sindacati in sciopero a Detroit (il presidente unendosi ai lavoratori oggi «primo presidente in carica a farlo» sottolinea il suo entourage, l’ex presidente domani mentre i suoi rivali per la nomination si riuniscono per il secondo dibattito elettorale). Nella sua rubrica sul Washington Post, Fareed Zakaria scrive che, nonostante la politica di sussidi stia avendo successo nel rafforzare l’industria americana (in particolare quella dei chip, grazie anche al Chips Act) e nello spingere la transizione alle rinnovabili con l’Inflation Reduction Act, facendo da magnete per gli investimenti privati, questi sono comunque successi nel breve termine.

imageSciopero a Detroit

  • «Cosa succederà — domanda Zakaria — quando i soldi pubblici finiranno (come accadrà inevitabilmente)?». Ed è qui, secondo lui, che lo sciopero dei lavoratori del settore automobilistico diventa un test importante. I lavoratori dei Big Three (General Motors, Ford Motor Company e Chrysler/ora Stellantis North America) vogliono giustamente degli aumenti anche se, osserva Zakaria, guadagnano più dei dipendenti di Tesla (oltre che il 25% in più degli operai giapponesi e sei volte più dei colleghi messicani).
  • Ma la vera sfida è la competizione con la Cina. I produttori Usa sono protetti dalla competizione delle auto elettriche cinesi — osserva Zakaria — ma i dazi tengono le aziende automobiliste americane in una bolla di costi più alti, mentre «le auto cinesi presto domineranno gran parte del mondo anche in Europa». Per saperne di più leggete la newsletter Europe Matters di oggi.

2. La caduta di Evergrande e l’incubo di Xi Jinping
editorialista

Il colossale settore immobiliare cinese, usato per decenni dal Partito-Stato per far correre il Pil, è diventato un incubo per i pianificatori al servizio di Xi Jinping. Il costruttore Evergrande oggi non ha potuto onorare una tranche di bond sul mercato interno per un valore di 4 miliardi di yuan (547 milioni di dollari). È ancora una goccia rispetto al debito totale onshore valutato in oltre 300 miliardi di dollari, ma tecnicamente si tratta di un default, attribuito alla sua principale filiale, Hengda Real Estate Group.

imageTorri per abitazione costruite da Evergrande ai tempi d’oro

  • Il quartier generale di Evergrande, assediato, continua ad assicurare che troverà un modo per salvaguardare i diritti degli obbligazionisti cinesi. Discorso diverso per il debito offshore, valutato in altri 31 miliardi di dollari: su questo c’è stato già un primo default due anni fa. Ma al Partito naturalmente interessa la sorte del popolo dei creditori in patria piuttosto di quella degli investitori all’estero che avevano speculato sulla crescita infinita della seconda economia del mondo.
  • La crisi di Evergrande è entrata in una nuova fase, da malato terminale. Ieri, 25 settembre, all’ultimo momento il gruppo aveva dovuto cancellare l’emissione di nuovi bond per prendere una boccata d’aria sul mercato interno: nella comunicazione alla Borsa di Hong Kong è stato spiegato che lo stop è dovuto all’apertura di un’inchiesta governativa sulle attività di Hengda. Colpito da questa notizia sull’impossibilità di tentare un rifinanziamento del debito, il titolo è sprofondato a Hong Kong, deprezzandosi del 25% e spingendo al calo l’intero indice Hang Seng. Hanno chiuso in negativo anche le altre due piazze cinesi, Shanghai e Shenzhen.
  • Oggi il default di Hengda ha fatto perdere a Evergrande un altro 7% in Borsa. E un altro chiodo sulla sua bara è rappresentato dalla notizia uscita sulla stampa cinese secondo cui diversi dirigenti sono stati arrestati… (qui l’articolo completo).
3. Il commercio diminuisce, il mondo è meno sexy
editorialista

Le statistiche sul commercio internazionale sono tra le meno sexy: aride e noiose. Fino a quando non raccontano una storia interessante. Oggi, vale la pena considerarle.

image

  • Il World Trade Monitor del centro di analisi olandese Cpb ha calcolato che in luglio gli scambi globali sono diminuiti del 3,2% rispetto a un anno prima. Il barometro della Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) ha a sua volta segnalato il mese scorso che il calo degli scambi è stato robusto alla fine del 2022 e nel primo trimestre del 2023, per poi avvicinarsi al punto di stabilità nei tre mesi successivi, ma solo grazie al settore auto che in questo momento è un’eccezione nel calo generale dell’attività economica.
  • La contrazione è importante da considerare perché il commercio internazionale è stato uno dei maggiori motori della crescita nei decenni scorsi: se la sua forza propulsiva si riduce, le economie crescono meno, in particolare quelle dei Paesi meno ricchi che non hanno un rilevante mercato interno dei consumi.
  • Le ragioni del calo sono più d’una. Innanzitutto, l’inflazione che ha spinto le banche centrali più importanti ad alzare i tassi d’interesse, con ciò limitando l’attività produttiva. Poi, una riduzione dei consumi nei generi che avevano avuto un boom di vendite durante la pandemia, dall’elettronica ai prodotti di arredamento e della casa. Ci sono poi le difficoltà di un mercato che per quel che riguarda il commercio è stato fondamentale nei trent’anni passati, quello cinese.
  • La stretta sulle imprese private voluta da Xi Jinping sta producendo una riconsiderazione del mercato della Cina tra gli investitori e le imprese internazionali e ciò inizia ad avere conseguenze anche nei numeri.
  • Infine, c’è la geopolitica, non solo la guerra in Ucraina ma anche le tensioni (commerciali, tecnologiche, scientifiche oltre che diplomatiche) tra Washington e Pechino e la riconsiderazione del rapporto con la Cina da parte dell’Unione europea. Tutto ciò invita imprese e investitori alla prudenza, a esporsi meno e a prendere pochi rischi.
  • Se continuerà, la riduzione del commercio internazionale sarà il segno di maggiori difficoltà a scambiare prodotti nelle catene di fornitura che si stanno accorciando e regionalizzando facendo aumentare i prezzi; di un arretramento della globalizzazione che ha beneficiato molte parti del pianeta; di un mondo più chiuso e meno libero. In altri termini, di un mondo meno sexy.
4. Il sub filippino che ha sfidato la Cina
editorialista

Nessuna reazione da Pechino dopo che la Guardia costiera filippina ha rimosso la barriera galleggiante installata dalla Cina per bloccare i pescatori di Manila in un’area contesa del Mar Cinese Meridionale, ultimo episodio della pluriennale lotta per il controllo di queste acque strategiche.

image

  • Il video pubblicato ieri dai Guardacoste locali mostra un sub che con maschera e boccaglio scivola sotto le onde e taglia con un coltellino la corda di una catena di boe lunga 300 metri, dopo aver raggiunto su un barchino la Secca di Scarborough, una barriera corallina piccola ma strategica e importante zona di pesca, all’interno della ZEE – la zona economica esclusiva – di Manila.
  • La barriera galleggiante impediva ai pescherecci di raggiungere le acque basse della secca, dove i pesci sono più abbondanti. «Prenderemo tutte le misure appropriate per proteggere i diritti dei nostri pescatori nell’area», aveva affermato poche ore prima della rimozione il consigliere per la sicurezza nazionale filippino Eduardo Ano.
  • Pechino ha ignorato la sentenza internazionale di arbitrato del 2016, secondo la quale le sue rivendicazioni non hanno base legale. Ha ribadito nei giorni scorsi che la secca di Scarborough è «parte integrante della Cina» e che la sovranità cinese sulle acque circostanti è «indiscutibile». La secca si trova a trova 240 chilometri a ovest dell’isola di Luzon, la più grande delle Filippine, e a quasi 900 km dalla provincia cinese dell’Hainan.
  • Secondo la Convenzione Onu sul diritto del mare del 1982, gli Stati hanno giurisdizione sulle risorse naturali entro 370 chilometri dalle loro coste. La Cina rivendica la sovranità su quasi tutto il mar Cinese meridionale. Con le sue basi militari in queste acque e le minacce a Taiwan, Pechino ha iniziato a espandere i suoi tentacoli nel Pacifico del Sud.
  • I 16 Stati di questa regione superano di poco i 13 milioni di abitanti ma le loro isole sparse nell’Oceano coprono il 15% della superfice del pianeta. Questi Paesi, fino a poco tempo fa tra i più remoti, poveri e insignificanti del mondo agli occhi dell’Occidente, difficilmente individuabili sulla carta geografica, si ritrovano ora al centro dell’attenzione internazionale.
  • I leader di Kiribati, Palau, degli Stati federati della Micronesia e degli altri Stati dell’area, compresa Polinesia, Fiji e Papua Nuova Guinea, sono stati ricevuti a Washington, dal presidente Biden in persona che li corteggia in funzione anti cinese. L’occasione è il Forum delle Isole del Pacifico. Dal presidente Usa l’annuncio di nuovi fondi per cavi sottomarini per il traffico dati, azioni contro la pesca illegale, e soprattutto, il riconoscimento delle isole Cook come indipendenti: una mossa, anche questa, destinata a scatenare l’ira della Cina.
5. Il santo ammiraglio e gli eroi senza sepoltura
editorialista
di andrea nicastro

inviato a Kiev

Lo spirito nazionale, la capacità di combattere che i condottieri proclamano sempre «incrollabile», ha dinamiche tutte sue per far vincere o perdere una guerra. E Dio, l’idea che la gente ha di Dio, si mette spesso in mezzo. Così in Crimea c’è chi si attacca a un miracoloso pezzo di legno per rimediare ai difetti della contraerea S400 e a Kiev chi pretende che i resti delle vittime di guerra abbiano un sacrosanto trattamento da eroi.

Richiedi finanziamento azienda

Prestito immediato

imageFyodor Fyodorovich Ushakov, ammiraglio di Caterina la Grande

  • Nella penisola sul Mar Nero vivono decine di migliaia di soldati russi. Stanno occupando una terra che considerano loro, nel senso di indispensabile per una patria costruita da schiere di condottieri e zar, tiranni e trascina popoli e a loro affidata dal destino. In questi giorni è sempre più evidente che l’ombrello protettivo che credevano di avere sulla testa non funziona. La contraerea ha mancato di abbattere i missili ucraini quasi una decina di volte solo nell’ultima settimana. Se non crediamo alla censura russa, ma alla propaganda di Kiev l’esito è tragico: 60 morti a bordo della fregata in riparazione, 36 nella sede del quartier generale della flotta del Mar Nero, cinque vicino a batterie d’artiglieria e contraerea, 150 i feriti. Ce n’è abbastanza per buttare la spugna e scappare.
  • Invece tra le fiamme del palazzo bombardato è stata salvata, intoccata dal fuoco, l’icona di un santo particolare, quasi un coltellino svizzero per riparare lo spirito combattivo: è una tavola di legno, con fondo oro e l’immagine dipinta dell’ammiraglio che non ha mai perso una battaglia, costruito il porto di Sebastopoli, sconfitto turchi e francesi, liberato i greci meritandosi anche la loro venerazione oltre a quella russa.
  • Dopo tanti ammazzamenti, Fyodor Fyodorovich Ushakov, ammiraglio di Caterina la Grande, si ritirò in monastero per una carriera post mortem che l’ha portato a diventare protettore della Flotta e dei bombardieri strategici nucleari di Mosca. L’idea è semplice: invocare la protezione spirituale del santo ammiraglio su Sebastopoli e le sue anime in divisa. È in programma una processione con l’icona miracolosamente scampata alle fiamme per compensare alla mancanza di missili e postazioni radar. Sai mai che Ushakov, sempre vittorioso, ce la faccia anche stavolta.
  • A mille chilometri di distanza, qui a Kiev, un’altra processione chiede assistenza politica al dolore del sacrificio. Proprio mentre vi arriverà questa newsletter migliaia di parenti dei caduti in guerra sfileranno nel centro della capitale ucraina per esigere degna sepoltura dei loro cari, gli eroi della resistenza all’invasione russa. È dall’inizio della guerra che il problema fa discutere. Dove seppellire i caduti per la patria? Ci vuole un cimitero militare per rendere loro omaggio? Un mausoleo? Un monumento? Le bandiere che punteggiano in ogni cimitero di campagna non bastano.
  • Le vedove, gli orfani, i genitori privati dei figli pensano che l’estremo dono per la salvezza dell’Ucraina vada riconosciuto in un luogo dello spirito che non lasci dubbi sul prestigio e il coraggio di chi ha perso la vita. Il problema è che per tante ragioni le aree individuate sino ad ora sono state giudicate inadatte, l’ultima addirittura offensiva dalle famiglie. La proposta era di costruire il cimitero militare di fianco al camposanto che ospita i resti dei soldati tedeschi invasori del 1945. Ci vuole invece uno spazio visibile, nobile, che profumi di patria, non di nemico oltre la tangenziale.
  • Vasilii Grossman in «Vita e destino» ha citato Chechov che invitava Dio a farsi da parte assieme alle cosiddette grandi idee progressiste. «Partiamo dall’uomo, mostriamogli bontà e attenzioni chiunque egli sia, arciprete, contadino, industriale, milionario, forzato di Sachalin», vedovo, orfano, bombardato, spaventato. Voleva rispetto Chechov, per le intelligenze, i dolori delle persone reali. Tutta merce che, in tempo di guerra, ora come allora, tende a rarefarsi a favore di superstizione e idee di gloria.
6. Taccuino militare: la guerra delle città
editorialista

Fronte sud, area di Verbove. Ucraini mantengono iniziativa, c’è sempre però grande prudenza sull’entità dei successi. I russi comunque hanno dovuto impiegare gran parte delle riserve. Scontri feroci, molti mezzi distrutti.

image

  • Fronte Mar Nero. Kiev continua a riservare sorprese al nemico. Gli strike su Sebastopoli e la Crimea destabilizzano il sistema avversario. Le perdite di alti ufficiali tra gli occupanti ne sono la prova. Efficace la combinazione da parte della resistenza di missili-droni-intelligence. L’aspetto evidente è il grande dinamismo delle forze di Zelensky, con tattiche aggiornate costantemente.
  • Guerra delle città. Mosca prosegue sul sentiero dei bombardamenti, in particolare di notte e nelle prime ore del giorno. Usa ogni tipo di arma per colpire le aree urbane – come a Odessa – o siti militari. Nessuno, però, si fa illusioni. Il conflitto è devastante e lungo.
7. Gli ucraini riprendono le rotte del grano

(Andrea Nicastro) Chi comanda nel Mar Nero? Nel 2022, all’inizio dell’invasione, c’erano pochi dubbi: tra Mariupol e Odessa la flotta russa spadroneggiava con un vantaggio di 12 a 1 su quella ucraina. Kiev non provò neppure a ingaggiare una battaglia navale e affondò la propria ammiraglia in porto per non offrirla come bottino. Dalle spiagge di Odessa si vedevano le sagome delle navi da guerra russe, la città era a tiro dei loro cannoni, ci si aspettava da un momento all’altro i marines russi davanti al Teatro dell’Opera con le loro magliette a strisce bianche e azzurre.

image

  • Venti mesi dopo è quasi tutto cambiato e la flotta di Putin non solo non osa più avvicinarsi alle coste ucraine, non solo ha subito perdite impressionanti, ma non riesce più a imporre il blocco navale sul grano, una parte essenziale della strategia militare per strangolare l’economia ucraina (qui l’articolo completo).
8. Gli aiuti a Kiev «in ostaggio» a Washington
editorialista

Una parte dei repubblicani, compreso il gruppo trumpiano, tiene in ostaggio gli aiuti per l’Ucraina. Joe Biden ha chiesto al Congresso di approvare un finanziamento per altri 24 miliardi di dollari, di cui 14 miliardi per armamenti destinati all’esercito di Kiev. La settimana scorsa Volodymyr Zelensky aveva fatto tappa a Washington, dove aveva incontrato il leader dei senatori democratici, Chuck Schumer e quello dei repubblicani (in minoranza), Mitch McConnell. Entrambi avevano assicurato che il Senato avrebbe continuato a sostenere finanziariamente la resistenza ucraina.

imageZelensky al Congresso pochi giorni fa

  • Il problema, però, è alla Camera. Qui i conservatori rappresentano la maggioranza, ma sono tutt’altro che compatti. Per accelerare i tempi un largo schieramento bipartisan del Senato chiede ai colleghi deputati di inserire il provvedimento per l’Ucraina nella manovra complessiva di rifinanziamento del bilancio. È la scadenza periodica, istituzionale che consente a tutti i rami dell’Amministrazione di funzionare, nonché di pagare stipendi e pensioni. C’è tempo fino alla mezzanotte di sabato 30 settembre. Poi sarà lo «shutdown», la paralisi dell’apparato pubblico. Una quota di deputati repubblicani, però, non vuole inviare nuovi fondi all’Ucraina, specie quelli per l’assistenza economica o le emergenze umanitarie.
  • Donald Trump sta cercando di inserirsi, accendendo la polemica contro Biden, ma anche alimentando i contrasti tra i conservatori. Il più in difficoltà è lo Speaker repubblicano Kevin McCarther. Anche lui aveva visto Zelensky e ora ha pochi giorni per trovare un compromesso tra esigenze della guerra e interessi di politica interna.
9. Le manovre russe per rientrare nel Consiglio per i diritti umani

(Alessandra Muglia) La Russia sta cercando di rientrare nel Consiglio Onu per i diritti umani. Espulsa l’anno scorso per violazioni legate all’invasione dell’Ucraina, Mosca sta cercando di farsi rieleggere nel Consiglio per un nuovo mandato, rivela la Bbc. L’emittente britannica ha avuto accesso a una copia del documento che i diplomatici russi stanno distribuendo ai membri delle Nazioni Unite chiedendo il loro sostegno.

image

Prestito personaleCarta di credito

  • Per convincerli c’è la promessa di trovare «soluzioni adeguate per le questioni relative ai diritti umani» ma anche di impedire che il Consiglio diventi uno «strumento al servizio della volontà politica di un gruppo di Paesi», occidentali ovviamente. Nel suo documento, la Russia accusa «gli Stati Uniti e i suoi alleati» per la sua sospensione votata nell’aprile del 2022 da 93 membri con 24 contrari e 58 astenuti. La nuova consultazione è prevista per il 10 ottobre, quando la Russia concorrerà con Albania e Bulgaria per i due seggi nel Consiglio riservati ai Paesi dell’Europa centrale e orientale.
  • Al voto parteciperanno tutti i 193 membri dell’Assemblea generale dell’Onu a New York. Qui, a detta di diversi diplomatici, da tempo la Russia sta conducendo una campagna aggressiva, offrendo ai piccoli Paesi grano e armi in cambio dei loro voti.
10. Nagorno-Karabakh: e l’Europa?

(Michele Farina) Nagorno-Karabakh, «giardino nero» e «montagnoso»: un conflitto trentennale terminato in poche ore con la vittoria dell’Azerbaigian, che ha preso il controllo dell’enclave abitata in prevalenza da armeni.

image

  • Migliaia di persone abbandonano le loro case per rifugiarsi nella vicina Armenia. Timori e segnali di pulizia etnica, vendette e rivalse, bambini addormentati su sacchetti di plastica con qualche vestito dentro, vecchi con gli occhi vuoti dentro i pullman dell’addio.
  • La Russia di Putin ha mollato gli armeni del Nagorno-Karabakh al loro destino, punendo il governo di Erevan (ufficialmente parte dell’Organizzazione di sicurezza collettiva nata nel 2002 intorno a Mosca) perché si è avvicinato all’Occidente. E l’Europa? Ancora una volta «sorpresa» dagli eventi, pressoché in silenzio e in ordine sparso. Nessun comunicato ufficiale dei 27 punta il dito sull’Azerbaigian.
  • Bob Deen, ricercatore olandese all’Institut Clingendael, su Le Monde fa la mappa delle divisioni. Da un lato i Paesi difensori storici degli armeni (Francia, Germania, Olanda). Dalla parte opposta i Paesi del blocco dell’Est, più freddi con l’Armenia tradizionalmente filo-russa. Un terzo gruppo (dall’Ungheria all’Italia) comprende quelli che hanno i migliori rapporti con il regime del presidente Ilham Aliev. Noi italiani siamo grandi importatori di gas azero. E non siamo soli: più in generale, l’Unione Europea ne vuole raddoppiare le importazioni da qui al 2027, per coprire circa il 5% del fabbisogno.
  • Energia e geopolitica: stretto tra due Paesi paria come Russia e Iran, sottolinea Deen, l’Azerbaigian è un Paese chiave per l’Europa e per quello stretto «canale caucasico» che la collega all’Asia. Si spiega anche così il nostro relativo disinteresse per le bombe azere sul «giardino nero»? Per i vecchi e i bambini che hanno lasciato le loro case con un sacchetto di vestiti in mano?
11. La memoria degli armeni
editorialista

Sembra una storia che si ripete: gli armeni in fuga dalle terre ancestrali, lasciando i loro abitati con le tipiche chiese dalle cupole coniche. Sta avvenendo nel Nagorno Karabakh, enclave armena di meno di 150.000 abitanti nel territorio dell’Azerbaigian, proclamatasi nel 1991, con la fine dell’Urss, Repubblica autonoma, appoggiata dall’Armenia. Le truppe azere ora hanno ottenuto la resa di quelle locali e si apprestano ad integrare la regione nell’Azerbaigian, dopo una grave crisi umanitaria che ha investito gli armeni isolati.

imageNuovi profughi

  • Nella coscienza armena, pesa la memoria di una storia lunga e dolorosa di esodi e stragi: quella che ha portato alla fine degli armeni in Anatolia nella Prima guerra mondiale, frutto della pulizia etnica. Oggi, in Turchia, restano 50.000 armeni a Istanbul, oltre gli immigrati dall’Armenia e i discendenti di armeni convertiti all’islam o i cripto-armeni. L’ombra di Metz Yeghern, il grande male della strage, agita la coscienza armena, come una storia che si ripete o un destino cui ribellarsi… (qui l’articolo completo).
12. Stage di El Paso, un risarcimento per le vittime?

(Velia Alvich) Quanto vale una vita umana? Secondo una corte federale negli Stati Uniti, le 23 vittime della strage di El Paso valgono 5.557.005 dollari. E 55 centesimi.

image

  • Dopo essere stato condannato a 90 ergastoli, l’ormai venticinquenne Patrick Crusius dovrà sborsare la cifra milionaria come risarcimento alle famiglie delle vittime. Facile a dirsi, ma non altrettanto nella pratica: Crusius sembra non possedere grandi somme personali. Il giovane aveva lasciato il college e, prima della sparatoria, aveva lavorato in un cinema locale. È possibile quindi che nessuna famiglia veda neppure un dollaro, nonostante il tentativo di riforma del sistema di risarcimenti che è stato intrapreso dal Dipartimento della Giustizia.
  • Ma c’è qualcuno che neppure li vorrebbe quei soldi. Dean Reckard ha perso la madre, Margie, nella sparatoria di Walmart. «Non puoi mettere un prezzo sulla vita di una persona», ha detto l’uomo, spiegando le ragioni per cui ha deciso di sottrarsi dalla richiesta di risarcimento portata avanti dagli avvocati dell’accusa. «Nessuno può riportare in vita le persone che se ne sono andate, inclusa mia madre. Rimarremo senza i nostri cari per sempre e lui semplicemente starà lì dietro le sbarre, potrà continuare a vivere. Non c’è nessun vincitore in questa situazione».
  • Gli ergastoli, i cinque milioni da consegnare alle famiglie delle vittime e il rischio di ricevere anche la pena capitale nel Texas che ancora non l’ha ancora abolita. Crusius aveva scelto di dichiararsi colpevole per la strage proprio a patto di evitare la condanna a morte. E intanto, prima ancora dell’iniezione letale, lo stragista è già un mito per Terrorgram, l’aberrante collettivo online che predica l’uso della violenza per arrivare quanto prima alla race war, la guerra fra le razze. Per gli anonimi estremisti, chi imbraccia un fucile e spara in nome della superiorità dei bianchi riceve una medaglia d’onore.
13. Cadono le foglie, via i turisti da Cloudland Road

(Velia Alvich) Una strada di campagna che in autunno si riempie di foglie rosse e arancioni, perfetta per foto suggestive da pubblicare sui social. Si trova nel cuore del New England, in Vermont, e appena finisce l’estate si riempie di influencer, turisti e semplici curiosi. La convivenza con i residenti locali, però, non è pacifica. Colpa dei «turisti che non sanno comportarsi in maniera appropriata». Auto parcheggiate in mezzo alla strada per cogliere al volo uno scatto, addirittura ostacolando i mezzi di soccorso. Picnic all’aria aperta, nel bel mezzo delle proprietà private (tema caro a una gran parte del mondo, ma mai come negli Stati Uniti). Qualcuno ha anche suggerito al proprio seguito online un modo per aggirare le videocamere per entrare in un’area privata, superando un evidente cancello di ingresso.

image

  • Così, gli abitanti di quel tratto di strada fra Woodstock e Pomfret hanno detto basta. Prima un appello su GoFundMe: Save Cloudland Road. L’obiettivo è quello di raccogliere almeno 25 mila dollari per chiudere l’accesso all’area scenica con l’aiuto del vice sceriffo. Ma non c’è stato bisogno di raggiungere la cifra: la strada sarà aperta solo per i residenti almeno fino a metà ottobre. E le forze dell’ordine stanno dalla parte dei bistrattati abitanti: la decisione sarà fatta rispettare anche dalle autorità locali. Intanto, sulla strada sono spuntati già i cartelli per tenere alla larga le orde di turisti affamati di foto: vietato parcheggiare, vietato scattare foto, vietato l’ingresso.
14. Il mondo del futuro (senza mammiferi)

Uno studio scientifico pubblicato da Nature Geoscience e ripreso oggi dal quotidiano The Times ci suggerisce come sarà il mondo tra 250 milioni di anni: i sette continenti si uniranno in uno solo, e la vita sulla Terra non sarà una passeggiata (per i mammiferi).

image

  • I continenti si muovono, il clima si modifica. Usando le «simulazioni» al computer, racconta Alexander Farnsworth dell’Università di Bristol, gli scienziati sono andati incontro a uno scenario apocalittico. Le previsioni meteo a lunghissima distanza (250 milioni di anni) annunciano temperature che abitualmente supereranno i 60 gradi centigradi. Il sole, che con l’età aumenta la sua potenza, sarà più forte. L’attività vulcanica crescerà anche per il fatto che «le placche» dei continenti convergeranno più o meno sulla linea dell’Equatore, dando vita a un supercontinente a cui è già stato dato un nome: Pangea Ultima. Dove «gli estremi climatici» saranno la norma.
  • L’innalzamento cruciale delle temperature, dice Farnsworth, avverrà in un arco di tempo (geologicamente) breve: 10 milioni di anni, «troppo breve per la capacità di evoluzione dei mammiferi che, in passato, hanno saputo adeguarsi a un aumento di temperatura di 0,6° per ogni milione di anni». Ciò vuole dire che, ai 60° della Pangea Ultima, non ci sarà vita per i mammiferi. Ansia da cambiamento climatico?
15. Un «progetto Manhattan» per l’ambiente
editorialista
di stefano montefiori

corrispondente da Parigi

Un gruppo di scienziati francesi, guidati dal premio Nobel per la fisica Alain Aspect, lancia su Le Monde l’appello per un «progetto Manhattan della transizione ecologica», a suo dire unico modo per nutrire qualche speranza di salvare il Pianeta dalla catastrofe climatica.

imageUna scena di «Oppenheimer»

  • «Progetto Manhattan» è un nome impegnativo, riportato in primo piano dal film «Oppenheimer» (foto sopra): grazie allo sforzo senza precedenti degli scienziati riuniti dal fisico Robert Oppenheimer nella base del New Mexico, al lavoro congiunto di 130 mila uomini e donne, e a finanziamenti (colossali per l’epoca) superiori all’1% del Pil americano, l’uomo riuscì in pochi anni a centrare il traguardo di manipolare l’atomo per costruire la bomba più potente della Storia.
  • E se siamo stati capaci di una simile prodezza per la distruzione, dicono gli scienziati, a maggior ragione potremmo tentare di superarci per assicurare un futuro all’umanità. Concretamente, il fisico francese propone di fondare in Europa un centro simile a quello di Los Alamos, chiamare a raccolta i migliori scienziati del mondo e dare loro i mezzi necessari – un miliardo di euro, per cominciare – per almeno 25 anni… (qui l’articolo completo).

Grazie. A domani. Cuntrastamu.

Michele Farina

America-Cina esce dal luned al venerd alle ore 13.
Per segnalazioni e commenti scrivete a
Se ti piace questa newsletter, condividila con i tuoi amici.

Ricevi questa email in quanto iscritto alla newsletter. Titolare del Trattamento Dati è RCS MediaGroup S.p.A.
Se intendi disiscriverti da Il Punto e non ricevere più le newsletter Il Punto-Prima Ora, Il Punto-America-Cina, Il Punto-Rassegna Stampa, Il Punto-Ultimora, Il Punto-Edizione Speciale, Il Punto-Extra per voi fai click qui. Se desideri rettificare, modificare, consultare i tuoi dati o comunque esercitare i diritti riconosciuti ai sensi degli artt. 15-22 del Regolamento UE 2016/679 scrivi a privacy@rcsdigital.it
Ritieni interessante questa newsletter? Non perderti gli altri appuntamenti con l’informazione di Corriere della Sera. Scopri tutte le newsletter ed iscriviti subito.





Source link

Finanziamenti – AgevolazioniServizi e consulenze

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,
come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.
Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.
L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

Prestito Cambializzato

Come funziona?

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,
come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.
Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.
L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

Finanziamenti – AgevolazioniServizi e consulenze