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Sono un libero professionista in pensione. Vorrei continuare a svolgere la professione in forma di prestazione occasionale. Posso farlo? Devo mantenere una partita Iva? Devo versare contributi?

Accade spesso che un professionista, che abbia prestato la propria opera alle dipendenze di una società privata o di un’amministrazione pubblica o sia andato in pensione, decida ad un certo punto di occuparsi di altro pur continuando a svolgere alcune incombenze inerenti la sua professione in forma di prestazione occasionale.

In questo caso sorge la necessità di verificare alcuni requisiti di questa forma di prestazione lavorativa, affinché possa considerarsi tale.

Analizziamo pertanto come si articola

la prestazione occasionale del professionista.

Le caratteristiche della prestazione occasionale del professionista

I requisiti perché l’attività professionale possa considerarsi ed essere regolamentata dal punto di vista fiscale e contributivo come occasionale sono essenzialmente due:

la durata della prestazione;

il compenso.

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Riguardo al primo requisito, è intuitivo come l’attività prestata dal professionista debba essere non abituale e prevalente, altrimenti ricadrebbe nella ordinaria attività professionale, assoggettata ad Iva ed iscrizione alla Cassa dell’Ordine cui appartenga.

Il professionista dovrà certamente svolgerla personalmente (senza quindi avvalersi di collaboratori né in forma di impresa) ed in forma autonoma (quindi senza assoggettarsi a vincoli di orario e con libera scelta delle modalità tecniche di esecuzione)

[1].

Se vogliamo, il primo requisito può ricavarsi per esclusione: è occasionale tutto ciò che viene svolto in maniera non abituale e prevalente.

Facciamo un esempio pratico: l’avvocato, che abbia avuto un proprio studio o abbia prestato la propria opera presso una società o un ente pubblico / amministrazione, può decidere ad un certo punto di andare in pensione.

Non per tale ragione devrà smettere totalmente di esercitare la propria professione: a patto che non sia un’attività continuativa, potrà rendere pareri, consulenze, redigere o collaborare alla redazione di singoli atti, ma col vincolo che tali attività non siano continuative ed abituali.

Riguardo il compenso, la legge ha innovato sul punto, fornendo precisazioni vincolanti.

Anzitutto v’è un limite generale di importo per i professionisti che rendano una collaborazione occasionale di € 5.000 lordi l’anno.

Secondariamente, laddove più di uno siano coloro che si avvalgano di questa collaborazione (cosiddetti utilizzatori), per ciascuno di essi il compenso del professionista non dovrà superare i 2.500€.

Ma anche per coloro che la legge definisce utilizzatori esiste un limite economico oltre il quale non possono più avvalersi di prestatori di lavoro occasionale, che è di € 10.000.

Il regime fiscale e contributivo della prestazione occasionale resa dal professionista

Quando la prestazione del professionista, resa nelle modalità di cui sopra, non superi la soglia dei 5.000 euro (lordi) non c’è assoggettabilità ad Iva e non ci sono contributi da versare, ma unicamente la ritenuta d’acconto del 20% all’atto di erogazione del compenso da parte dell’utilizzatore.

Viceversa, superata la soglia indicata dei 5.000€ lordi annui, scatta l’obbligo contributivo, con conseguente obbligo di iscrizione del professionista alla gestione separata dell’INPS.

Anche per l’Iva, il contenimento della collaborazione annua resa dal professionista fa sì che non risulti necessaria l’apertura o il mantenimento di una Partita Iva professionale.

Non tentate di fare i furbi!

Il brocardo per quest’ultima parte dell’articolo potrebbe essere “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Non basta contenere il ricavato annuo della prestazione nei limiti di legge per far sì che l’attività venga considerata e regolamentata fiscalmente come occasionale.

Facciamo un esempio pratico: poniamo il caso che un professionista di lunga esperienza, andato in pensione, o un docente siano chiamati a rendere una consulenza.

Potrebbero tranquillamente farlo, con il tipo di regolamentazione prevista, mantenendo fermo il limite economico di € 2.500 per singolo utilizzatore e riportando il compenso in dichiarazione nella parte relativa ai redditi diversi [3].

Ma facciamo l’ipotesi che abbiano cinque privati o società che gli richiedano detta consulenza, con carattere annuale, con un compenso stabilito di € 1.000 annui per ciascuno.

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Formalmente, sarebbero rispettati sia il limite annuo per l’attività di collaborazione occasionale, sia quello per singolo utilizzatore.

Ma è assolutamente evidente a tutti come in tale ipotesi difetti il requisito dell’occasionalità o sporadicità della prestazione, visto che dette consulenze rivestirebbero il carattere dell’abitualità, che esclude la natura occasionale della prestazione.

Come pure avverrebbe nel caso in cui il compenso venisse spalmato, sempre entro i limiti economici stabiliti dalla legge, in più tranches annue.

Anche qui, il compenso complessivo risulterebbe superiore all’importo stabilito per la prestazione occasionale, e scatterebbe l’obbligo di fatturazione con Iva e l’obbligo di versamento dei contributi alla gestione separata dell’INPS o alla Cassa previdenziale di appartenenza.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Antonio Pagano

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