Leggo l’elenco delle prebende governative che si otterranno con l’antistorico quanto evasivo Isee limite massimo 15 mila euro (la determinazione è roba da aggiornare, ci entra tutto e quella soglia è da alzare). Ricevono i denari i soliti di sempre che già sono attenzionati dai comuni, dagli enti preposti quindi dal governo, via via con aiuti di ogni tipo che si protraggono di continuo, affitti gratuiti, luce calmierata, carta acquisti per la spesa, poi per i carburanti. Il ceto medio di cui molti parlano ma pochi sanno chi sono – non solo gli stipendiati, i dipendenti -, non piglia nulla, rimane a secco. E sono coloro che poi fanno girare l’economia perché spendono. O, meglio, spendevano. E risparmiavano. Sovrastano questo caos le partite Iva.
La più grande serrata dell’economia di questi ultimi anni. Migliaia e migliaia hanno chiuso. Chi rimane, tra gli altri quelli iscritti agli ordini professionali (per obbligo), non riescono pagare i minimi, i contributi previdenziali e altri ammennicoli. Sono costretti a non rinnovare più l’iscrizione agli albi. Il resto è fatto di piccole partite Iva (per lo più precari ‘a vita’, cara Schlein e caro Landini), miseri fatturati da sopravvivenza ai quali spetta gioire per una stolta flat tax che smazzola in un sol colpo oltre il 40% del reddito tra imposte e contributi previdenziali. Parte più grande va all’Inps, il 26,23%, e per chi non ha la flat tax si sale a oltre il 30%. A fronte di quali servizi? Per andare in pensione a 75 anni? Per pagare ogni servizio sanitario? Privi di minime garanzie? Infatti c’è chi ha inviato la dichiarazione 2023 ma non ha i denari per pagare né imposte, né contributi previdenziali. Quei pochi aiuti alle partite Iva non decollano. Sono ultronei. Il lettore di cui accennavo all’inizio del post, mi spiega che lui non pagherà Inps perché Inps deve ancora rispondergli a una sua richiesta di riesame Iscro presentato il 26 settembre 2022, a fronte di una domanda inoltrata il 19 agosto del 2022. Passano mesi. Ha presentato ben quattro solleciti attraverso ‘Inps risponde’ per ricevere le solite due righe prestampate varie, che il ‘riesame è in lavorazione’ (che serve un anno per una risposta definitiva?), che non ha diritto (vuol dire che nemmeno sono andati a vedere che la pratica è in riesame) e via continuando.
Se una persona chiede un aiuto, un sostegno, cosa vuol dire farlo attendere un anno e più, ma i termini di legge valgono solo per i cittadini indifesi? Tagliole e ammende non sono previste per l’assente solerzia? Mettetevi nei suoi panni, se il vostro stipendio non arrivasse da un anno voi che fareste? Cosa mangiate, come pagate le bollette? Burocrazia canaglia. Se qualcuno fosse inciampato nella presentazione di un tipo di domanda come Iscro avrebbe chiuso il pc dopo dieci minuti. La macchinosità che sta all’origine della compilazione sommata alla follia dei conteggi necessari per capire se eventualmente si possono godere dei benefici è roba architettata giusto per non distribuire nulla. Ora qualcuno si è svegliato e pare che si voglia riformare l’Iscro anche se non si capisce come e soprattutto quando. Ma il cittadino che aspetta dal 2022 che fa?
A bilancio di questa e di altre vicende simili vorrei dare un suggerimento. Togliere ogni bonus. E fare le riforme. Percorso corroborante per il debito italiano (tagliare i costi, la spesa pubblica ne gioverebbe lo spread). Perché il denaro non è tutto. Una partita Iva è più soddisfatta se gli togli cartacce varie, adempimenti e prevedi un abbassamento delle aliquote dei contributi previdenziali, del 10% – 15% (la differenza scontata è lasciata alla libera scelta del contribuente se versarla o meno).
Sull’altro fronte per dire che non tutte le partite Iva sono uguali – secondo la vulgata popolare ‘quelli che non pagano le tasse’ – , e per evitare che sia l’ennesima lotta tra poveri, fare una riforma fiscale che permetta di portare a detrazione fatture – idraulico, elettricista, dentista ecc. – del 50% in dichiarazione dei redditi. È il solo modo per mettere tutti sullo stesso piano senza assennati inutili controlli a raffica. Perché pure su questo fronte l’amministrazione finanziaria è lanciata continuamente a mandare comunicazioni, fare il controllo del controllo, spulciare indietro di anni. La legge glielo permette.
Come si raccapezza una povera partita Iva per 200 euro di Irpef non pagata nel 2016? Chi riesce a risalire? La maggior parte di cartelle e avvisi bonari di taglio basso arrivano alle piccole partite Iva sommerse da adempimenti, conteggi continui (l’errore a volte s’insidia lì) e i piccoli sono i primi a pagare fino all’ultimo cent a fronte di sacrifici (chiedendo prestiti) per evitare il fastidio di un effetto domino indesiderato. Ma una partita Iva individuale e misera deve pure lavorare, cercarsi il lavoro e non ha il tempo di vedersi quotidianamente il cassetto fiscale se c’è una compliance (basterebbe inviare un alert sulla posta certificata o sulla casella di posta elettronica in uso e si evita al povero contribuente l’arrivo di una cartella con un carico di sanzioni da paura). Prevenzione, questo dovrebbero fare gli uffici dell’Agenzia delle Entrate. Lo dico a Meloni e a questo governo, sarebbero provvedimenti a costo zero che farebbero girare la ruota e non metterebbero le toppe con i bonus a pioggia. Perché lasciate le riforme fiscali in mano a tecnici, professori e commercialisti? Sforzatevi, per una volta almeno, di sentire i contribuenti.