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Per tutti gli enti diversi dalle amministrazioni statali e dalla regione, che non usufruiscono per legge del patrocinio da parte dell’Avvocatura dello Stato, la competenza deve radicarsi sulla base della regola generale, presso ciascun tribunale (distrettuale o locale) nel cui circondario ha sede l’ente debitore. È quanto si legge nella sentenza del Tribunale Catanzaro del 10 luglio 2023.

È stata promossa una espropriazione presso terzi contro una pubblica amministrazione (quale debitore) per la quale non è previsto il patrocinio da parte dell’Avvocatura dello Stato, l’azione essendo stata incardinata presso il tribunale di Catanzaro.

Il Giudice dell’esecuzione alla prima udienza (18 aprile 2023) ha rilevato preliminarmente la questione della competenza per territorio del giudice adito, ex art. 26-bis c.p.c., avendo la pubblica amministrazione (Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone) la propria sede nel circondario del Tribunale di Crotone.

Esaminata la memoria autorizzata depositata dal creditore procedente e a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 20 giugno, il G.E. ha dichiarato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Catanzaro, ha indicato quale giudice territorialmente competente il Tribunale di Crotone e, per l’effetto, ha stabilito l’inammissibilità dell’azione esecutiva.

Merita dare conto del lodevole sforzo profuso dal Giudice per giungere ad una decisione argomentata.

Successivamente alle ultime modifiche introdotte dall’art. 1, commi 29 e 37, della L. 26 novembre 2021 n. 206, il vigente art. 26-bis c.p.c. (foro relativo all’espropriazione forzata di crediti) si contraddistingue per la costruzione di un doppio regime nell’individuazione del giudice competente per le esecuzioni nei confronti delle pp.aa.: da un lato c’è la regola generale (comma 2) per cui “fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”; dall’altro c’è il comma 1, per il quale “quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

La norma – scrive il Giudice dell’esecuzione – contiene ora un rinvio congiunto al quinto comma dell’art. 413 c.p.c. (“Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto”), cioè un rinvio a norma che indica a sua volta un diverso criterio di competenza per i crediti di lavoro (ma non consente di rilevare alcuna specifica pubblica amministrazione) e, contemporaneamente, al foro erariale: “doppio riferimento che non può che condurre all’individuazione delle sole amministrazioni statali quali destinatarie della nuova norma”.

Per giungere a tale conclusione occorre partire dalla constatazione dell’evidente incertezza del dato letterale attuale, per individuare una possibile ratio unificante, conforme al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) ed evitando interpretazioni che implichino l’abrogazione tacita, in tutto o in parte, del dato letterale.

Considerando l’orientamento formatosi nella giurisprudenza di legittimità sulla base della precedente versione dell’art. 26-bis, comma 1, incentrato sul criterio fondamentale della sede del terzo debitore, era evidente che il riferimento al terzo debitor debitoris rendeva coerente il richiamo a tutte le pp.aa. mediante il rinvio all’art. 413, comma 5 c.p.c., coerenza venuta meno con il passaggio al foro del creditore e al criterio parallelo del tribunale ove ha sede l’Avvocatura dello Stato.

Il legislatore ha perciò inteso limitare il criterio alle amministrazioni patrocinate ex lege dalla detta Avvocatura: conclusione rafforzata alla luce dello scopo originario delle modifiche introdotte nel 2014, evitare la concentrazione presso alcuni Tribunali (segnatamente quello di Roma) delle esecuzioni in cui le amministrazioni statali erano parti debitrici.

In definitiva, è chiaro che l’elemento determinante del comma 1 dell’art. 26-bis c.p.c., “rivelatore della sua ratio e ad un tempo limitante la sua portata”, è proprio “il riferimento al patrocinio da parte dell’Avvocatura dello Stato, insieme al riferimento al foro del creditore, necessario allo spostamento delle procedure dai tribunali delle grandi città, e di Roma in particolare, in quanto sede dei ministeri e dei principali enti statali, in funzione deflattiva: il detto elemento, introdotto ex novo, espressamente e consapevolmente da parte del legislatore, non può invece in alcun modo essere svalutato a mero infelice riferimento al tribunale distrettuale” (come preteso dal creditore procedente nella sua memoria).

Nell’interpretazione prescelta “il comma 1 si pone come logica eccezione alla regola ordinaria di cui al comma 2 del medesimo art. 26-bis c.p.c., radicandosi il foro erariale chiaramente solo ove la p.a. coinvolta benefici per legge del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, corrispondendo allora a una regola di razionalità, conforme a Costituzione e anche alla ratio originaria dell’introduzione dello speciale criterio derogatorio, nel solco peraltro di quanto già prevede l’art. 6 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, benché con implicita evoluzione rispetto al successivo art. 7”.

Quanto alla confermata clausola di salvezza delle norme contenute in “leggi speciali”, stante l’eliminazione del riferimento al terzo pignorato essa non dovrebbe più riferirsi alle norme desumibili dalla disciplina della contabilità pubblica ma esclusivamente a norme quali l’art. 14, comma 1-bis, secondo periodo, della L. 31 dicembre 1996, n. 669 (per le ipotesi di pignoramento di crediti promosso nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale).

Infine, rispetto all’applicazione alle sole amministrazioni dello stato del comma 1 dell’art. 26-bis, occorre aggiungere le regioni a statuto ordinario, sussistendo una fonte legale per il ricorso in via ordinaria al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, rinvenibile nelle norme speciali di cui all’art. 107D.P.R. n. 616/1977 e all’art. 10, L. n. 103/1979.

Riportando i criteri evidenziati alla fattispecie concreta, il Giudice dell’esecuzione ha concluso che:

A) spettano al Tribunale distrettuale di Catanzaro le controversie contro le Amministrazioni dello Stato (sia centrali che periferiche), difese per legge dall’Avvocatura dello Stato, quando il creditore procedente risiede o ha la propria sede nel territorio del distretto di Catanzaro (e così per l’altra sede distrettuale calabrese, quella di Reggio Calabria);

B) la regola vale pertanto anche per la (sola) Regione Calabria (non quindi per gli enti che ne dipendano);

C) per tutti gli enti diversi dalle amministrazioni statali e dalla regione, che di regola non possono usufruire per legge del patrocinio da parte dell’Avvocatura dello Stato, la competenza deve radicarsi sulla base della regola generale, presso ciascun singolo tribunale (distrettuale o locale) operante in regione nel cui circondario ha sede l’ente debitore.

La presente controversia è stata promossa contro un ente con sede a Crotone non patrocinato dall’Avvocatura dello Stato, mentre nessuno dei creditori ha residenza nel circondario del Tribunale di Catanzaro.

Qui si può apprezzare “la razionalità costituzionale del radicamento della competenza in capo al giudice delle esecuzioni presso il Tribunale di Crotone, in relazione all’unico criterio di collegamento ragionevole costituito dalla sede della p.a. debitrice (e senza alcuna ingiustificata distinzione rispetto a qualsiasi altro debitore, stante l’assenza di qualsiasi coinvolgimento dell’Avvocatura dello Stato), con applicazione della regola di cui al secondo comma dell’art. 26-bis c.p.c”.

Riferimenti normativi:

Art. 26-bis c.p.c.

Art. 413 c.p.c.

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