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In tema di IVA, sono soggetti passivi gli operatori economici privati anche se svolgono, in regime di convenzione, attività rientranti nelle finalità istituzionali di un ente pubblico, occorrendo, ai fini dell’esclusione dal campo dell’imposta, che l’attività – nella specie prestazione veterinaria – sia espletata direttamente dall’ente pubblico, mediante i propri dipendenti, in veste di pubblica autorità.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 20524 del 17/7/2023, ha chiarito i presupposti per l’esenzione IVA su prestazioni sanitarie (nella specie veterinarie) in regime di convenzione.

 

Il caso: decreto ingiuntivo per prestazioni veterinarie

Nel caso di specie, il Tribunale aveva rigettato l’opposizione proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale avverso un decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto all’opponente di pagare al richiedente la complessiva somma di Euro 3.874,42, di cui Euro 2.850,00 a titolo di rivalsa avente ad oggetto l’IVA non versata sui compensi per le prestazioni professionali veterinarie oggetto di sei fatture emesse nel corso dell’anno.

In relazione a dette prestazioni, che il professionista aveva considerato esenti da IVA su indicazione della stessa ASP, l’Agenzia delle Entrate aveva infatti notificato al contribuente un avviso di accertamento, a cui il medesimo aveva aderito al fine di beneficiare della riduzione della sanzione e di esercitare il diritto di rivalsa nei confronti dell’ASP.

Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione, osservando che l’art. 10, comma 1, n. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972 escludeva dal campo dell’IVA le sole prestazioni sanitarie con finalità di cura della persona, e non rilevando che il professionista avesse agito come “veterinario ufficiale”, in quanto la prestazione era stata comunque resa in qualità di soggetto privato, seppure in regime di convenzionamento con l’Ente pubblico.

La Corte di Appello rigettava l’impugnazione proposta dall’ASP, rilevando che l’opposto aveva svolto, in qualità di veterinario libero professionista, la propria attività in favore dell’ASP, in forza di un rapporto contrattuale di diritto privato, vista l’insufficienza di personale veterinario nell’organico dell’Ente.

 

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Le prestazioni veterinarie godono di esenzione IVA?

L’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario andava disattesa, in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, la cognizione della pretesa avente ad oggetto la rivalsa IVA appartiene al giudice ordinario, trattandosi di rapporto privatistico che non riguarda il rapporto tributario.

Infondata era pure la censura relativa all’imponibilità ai fini IVA della prestazione professionale resa dal veterinario privato per conto dell’Azienda sanitaria, sia perché si trattava di attività che non rientrava fra quelle previste dall’art. 10, comma 1, n. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972, non riguardando prestazioni mediche e paramediche rivolte alla “persona”, e sia comunque perché, come detto, le prestazioni veterinarie non erano state rese direttamente dai dipendenti dell’Ente e, quindi, nell’ambito “attività di pubblica autorità” ex art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, ma da professionisti esterni.

L’Azienda Sanitaria Provinciale impugnava infine la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, la erroneità della pronuncia per avere il giudice di appello ritenuto che fossero soggette ad IVA le prestazioni sanitarie poste in essere dai veterinari incaricati dall’ASP, sebbene si trattasse di attività esclusivamente istituzionali, effettuate in veste di pubblica autorità e finalizzate al raggiungimento degli obiettivi imposti da Piano Nazionale nel territorio della Regione Siciliana, con attività rivolta alla tutela della salute pubblica.

Secondo la Suprema Corte le censure erano infondate.

Evidenziano i giudici di legittimità che l’art. 10, comma 1, n. 18, del D.P.R. n. 633 del 1972 include, fra le prestazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto, le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. n. 1265 del 1934 e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze.

L’art. 99 del R.D. n. 1265 del 1934, a sua volta, prevede poi che:

è soggetto a vigilanza l’esercizio della medicina e chirurgia, della veterinaria, della farmacia e delle professioni sanitarie ausiliarie di levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata.

E’ anche soggetto a vigilanza l’esercizio delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie.

S’intendono designate con tale espressione le arti dell’odontotecnico, dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in quest’ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori.

Con decreto, su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica ed il Consiglio di Stato, possono essere sottoposte a vigilanza sanitaria altre arti, che comunque abbiano rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie, secondo le norme che sono determinate nel decreto medesimo“.

 

L’applicazione dell’articolo 10 del decreto IVA

Tanto premesso, rileva la Cassazione, poiché l’esenzione prevista dall’art. 10, comma 1, n. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972 costituisce una deroga al principio generale secondo il quale l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso dal soggetto passivo, la stessa deve essere interpretata in senso restrittivo, in conformità alla giurisprudenza unionale (cfr., Cass. n. 11142/2021 e Corte di giustizia, 20 novembre 2003, C-212/01), con la conseguenza che la stessa esenzione deve intendersi riferita solo alle “prestazioni mediche”, ossia agli interventi diretti alla diagnosi, cura e guarigione delle malattie o dei problemi di salute, ovvero alla prevenzione della loro insorgenza (cfr., Cass. n. 22577 del 2012 e n. 25440 del 2018).

L’art. 10, comma 1, n. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972, afferma la Corte, richiede quindi, ai fini dell’esenzione dell’imposta, che la prestazione sanitaria sia resa alla persona, non potendo pertanto rientrarvi anche la diversa fattispecie riguardante la prestazione resa dal veterinario, seppure a fini di profilassi funzionale alla tutela della salute pubblica.

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Tale attività, del resto, non rientra neppure nell’ambito di previsione dell’art. 4, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, laddove, secondo la giurisprudenza unionale, è soggetto passivo IVA chiunque eserciti in modo indipendente un’attività economica, a prescindere dagli scopi o dai risultati di quest’attività, e, quindi, anche chi eserciti attività pubblica, quale per esempio il concessionario d’infrastrutture stradali, o svolga prestazioni di programmazione e gestione del servizio sanitario (cfr., sentenza 12 settembre 2000, in C-260/98, punto 24; sentenza 25 marzo 2010, Commissione/Paesi Bassi, in C-79/09, punto 76; sentenza 29 ottobre 2015, Saudaçor, in C174/14, punto 31 e 32).

Sotto tale profilo, il beneficio in tema di IVA può dunque riguardare i soli enti pubblici e dipende da due condizioni, ossia che l’attività sia esercitata dall’ente medesimo e che da esso sia svolta in veste di pubblica autorità (cfr., Cass. n. 26208 del 28/09/2021; Cass. n. 11142 del 28/04/2021; Cass. n. 17795 del 06/07/2018).

 

Le conclusioni: ai fini dell’esenzione IVA la prestazione deve essere svolta dai dipendenti dell’ente pubblico e non da esterni

In conclusione, nella specie, era stato accertato che il contribuente aveva svolto la propria attività di veterinario, per conto dell’Azienda sanitaria siciliana, quale professionista esterno, in forza di un contratto di prestazione d’opera di diritto privato e valeva pertanto il seguente principio:

in tema di IVA, sono soggetti passivi gli operatori economici privati anche se svolgono, in regime di convenzione, attività rientranti nelle finalità istituzionali di un ente pubblico, occorrendo, ai fini dell’esclusione dal campo dell’imposta, che l’attività sia espletata direttamente dall’ente pubblico, mediante i propri dipendenti, in veste di pubblica autorità“.

 

Fonte: Corte di Cassazione, Ordinanza 17/7/2023, n. 20524.

 

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A cura di Giovambattista Palumbo

Giovedì 24 agosto 2023



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