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L’art. 268CCII consente al debitore sovraindebitato di domandare l’apertura di una procedura di liquidazione controllata del proprio patrimonio. Analogamente a quanto accade in caso di liquidazione giudiziale, l’emanazione della sentenza comporta lo spossessamento del debitore, ossia il trasferimento dei poteri di disposizione ed amministrazione del patrimonio dal debitore in capo al liquidatore. Tuttavia, alcuni beni specificatamente indicati dall’art. 268, comma 4, CCII non possono essere oggetto di liquidazione, in ragione della loro impignorabilità. Si pone il problema di stabilire se, oltre quelli tassativamente indicati dalla legge, anche altri beni possano non essere destinati al soddisfacimento dei creditori. Nel caso in esame, il Tribunale di Rimini, con la sentenza del 13 luglio 2023, ha affermato che i beni strumentali all’esercizio dell’attività professionale del debitore possono essere esclusi dalla liquidazione.

Nel caso in esame il Tribunale di Rimini si è pronunciato in merito alla composizione della crisi da sovraindebitamento.

Una persona fisica ha presentato un’istanza per l’apertura di una procedura di liquidazione controllata del proprio patrimonio, allegando la documentazione di cui all’art. 39CCII, nonché la relazione dell’OCC contenente una valutazione sulla completezza e l’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda e l’illustrazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore.

Secondo quanto è dato leggere nella sentenza, il debito trova la propria origine nell’attività svolta da una s.r.l. di cui il ricorrente era socio insieme alla madre; il debitore è stato chiamato a rispondere in qualità di amministratore di fatto della società e avendo ricevuto la notifica di plurime cartelle esattoriali a proprio nome.

Il Tribunale di Rimini, con il provvedimento in commento, ha in primo luogo evidenziato che l’OCC ha formulato un giudizio positivo sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata. Pertanto, dopo aver rilevato che il debitore è un libero professionista e che l’attività svolta non gli consente di percepire un reddito fisso, ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione controllata. Il Tribunale, tra le altre cose, ha ordinato la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, autorizzando l’utilizzo dei beni strumentali all’esercizio della professione.

La pronuncia del Tribunale romagnolo consente di svolgere qualche breve riflessione circa la possibilità di escludere alcuni beni dalla procedura di liquidazione del patrimonio; in altre parole, il problema consiste nel verificare se i beni strumentali allo svolgimento di un’attività lavorativa debbano essere compresi o meno nel patrimonio di liquidazione.

Come è noto, il CCII ha introdotto nel nostro ordinamento una specifica disciplina per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, riguardante i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione delle procedure concorsuali. A tal fine, il legislatore ha previsto tre diversi procedimenti: il concordato minore, il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore e la liquidazione controllata.

L’art. 268CCII consente al debitore sovraindebitato di domandare l’apertura di una procedura di liquidazione controllata del proprio patrimonio. Analogamente a quanto accade in caso di liquidazione giudiziale, l’emanazione della sentenza comporta lo spossessamento del debitore, ossia il trasferimento dei poteri di disposizione ed amministrazione del patrimonio dal debitore in capo al liquidatore.

È importante sottolineare che il debitore non perde la titolarità dei beni che compongono il suo patrimonio, ma solo il potere di disporre degli stessi e di amministrarli. Attraverso lo spossessamento, l’intero patrimonio del debitore viene destinato al soddisfacimento esclusivo dei creditori anteriori e resta insensibile ad ogni vicenda successiva che possa intaccarne la consistenza. Il riferimento all’intero patrimonio del debitore comporta che lo spossessamento non riguarda solo i beni materiali, ma anche i beni immateriali e quelli futuri, i poteri, le facoltà, i rapporti giuridici, le azioni e i beni non commerciabili. Da ciò ne deriva che oggetto dello spossessamento sono tutti i beni suscettibili di valutazione economica, ad eccezione di quelli personali, ovunque essi si trovino e prescindendo dalla circostanza per cui siano nella materiale disponibilità del debitore insolvente; infatti, lo spossessamento coinvolge anche i beni nella disponibilità di terzi, spettando a questi ultimi di dimostrare la proprietà del bene.

Tuttavia, alcuni beni specificatamente indicati dall’art. 268, comma 4, CCII non possono essere oggetto di liquidazione, in ragione della loro impignorabilità. Si pone il problema di stabilire se, oltre quelli tassativamente indicati dalla legge, anche altri beni possano non essere destinati al soddisfacimento dei creditori. Il dubbio trova la propria giustificazione nella circostanza per cui l’art. 270, comma 2 lettera e, CCII, stabilisce che il Tribunale, con la sentenza di apertura della liquidazione controllata, ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare alcuni di essi.

Nel caso in esame, il Tribunale di Rimini ha affermato che i beni strumentali all’esercizio dell’attività professionale del debitore possono essere esclusi dalla liquidazione sia perché di modesto valore, sia a causa della necessità del loro utilizzo manifestata dal ricorrente e confermata dall’OCC nella propria relazione.

In attesa che si formi un orientamento giurisprudenziale sul punto, sembra possibile affermare che le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale appaiono condivisibili. Infatti, lo svolgimento di un’attività professionale sembra identificare una circostanza eccezionale in cui il debitore o un terzo possono essere autorizzati ad utilizzare specifici beni. Tale interpretazione sembra trovare ulteriore avallo anche nella circostanza per cui l’autorizzazione concessa non esime da un’apprensione differita di tali beni. In altre parole, nulla esclude che i beni il cui utilizzo viene autorizzato possano essere successivamente acquisiti all’attivo.

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