Come viene considerata dalla legge questa attività e quali adempimenti fiscali occorre rispettare.
Ti piace la musica e sei particolarmente portato per suonare un determinato strumento musicale, come ad esempio la chitarra, il pianoforte, il violino o l’arpa? Oppure hai una bella voce? Vuoi fare di queste tua abilità una professione e diventare a tutti gli effetti un musicista? Potrebbe presentarsi davanti a te una carriera ricca di successo e soddisfazioni. Tuttavia, come ogni professione, vi sono degli adempimenti burocratici e fiscali da rispettare. Per capire meglio quali sono, bisogna prima chiarire come viene inquadrato il musicista dal punto di vista giuridico.
Una domanda che viene posta spesso è: colui che sceglie di servirsi delle sue abilità musicali per avere un guadagno deve aprire una partita Iva? E se sì, quali costi deve sostenere per la sua apertura e la sua successiva gestione? In poche parole, la partita Iva, per il musicista, quanto costa? In questo articolo, cercheremo di rispondere a tale quesito, ma prima occorre accennare all’inquadramento giuridico di questa figura e distinguere a seconda che questa attività venga esercitata in maniera abituale oppure occasionale.
Il musicista è un lavoratore autonomo?
Come facilmente intuibile, il musicista è colui che, attraverso la sua voce o per mezzo di uno strumento musicale, svolge un’attività autonoma, che può consistere nel comporre, scrivere e/o pubblicare brani o testi musicali o nel tenere concerti in pubblico. Da ciò deriva che il musicista si serve principalmente, se non esclusivamente, delle sue abilità e della sua esperienza personale, che ha acquisito nel tempo, senza l’ausilio di mezzi e strumenti esterni.
Quindi, proprio per via della prevalenza di questa componente unica e personale, il musicista è inquadrabile a tutti gli effetti come un artista (ciò non dovrebbe sorprendere, visto che, del resto, la musica è arte), e la sua attività è qualificabile come un lavoro autonomo, non diversamente da un avvocato, un ingegnere o un dottore commercialista; quindi, non deve rispondere ad altri del suo operato.
La frequenza dell’attività di musicista è importante?
Chiarito come viene inquadrata la figura del musicista, gli obblighi fiscali e contributivi a cui va incontro variano a seconda della frequenza con cui tale attività viene svolta. Da questo punto di vista, possiamo distinguere tra attività occasionale, da un lato, e attività abituale, dall’altro. Questa distinzione è fondamentale, poiché nel primo caso, cioè quando il musicista si dedichi a questa attività come semplice hobby, egli non è tenuto all’apertura della partita Iva, ma dovrà semplicemente rilasciare una ricevuta di quanto ha percepito per la prestazione svolta.
Un esempio di attività musicale occasionale può ben essere rappresentato dagli artisti di strada, cioè da coloro che suonano sporadicamente per le strade o nei parchi, sperando che i passanti lascino loro qualcosa. Essi, inoltre, non hanno nemmeno degli obblighi dal punto di vista fiscale, poiché ciò che i passanti eventualmente lasciano al musicista viene considerato dalla legge come “donazione remuneratoria”, e quindi esente da tasse.
Un altro esempio pratico può essere costituito da coloro che suonano in occasioni particolari, ma lo fanno di tanto in tanto, magari solo nel mese di agosto. Anche in questo caso siamo di fronte ad un’attività occasionale, considerando che le esibizioni avvengono solo in un periodo dell’anno circoscritto e solo in vista di ricorrenze specifiche (come i matrimoni), che in quel periodo potrebbero anche non verificarsi, o verificarsi con una frequenza più bassa delle aspettative.
In tali esempi, è evidente che l’attività viene esercitata in maniera discontinua ed
episodica, quindi occasionale.
Se invece l’attività di musicista viene esercitata in modo abituale, le cose cambiano: in questo caso, infatti, i compensi percepiti dal musicista per la sua attività diventano un vero e proprio reddito da lavoro autonomo e, come tale, contribuiranno a formare l’Imposta sul reddito delle persone fisiche (la cosiddetta Irpef) che poi il musicista dovrà pagare. Quindi, se l’attività musicale viene svolta abitualmente, il musicista verrà considerato a tutti gli effetti come un libero professionista, e per lui sorgerà l’obbligo di aprire la partita Iva.
Come esempi di attività musicale abituale possiamo pensare: al dj, che si esibisce ogni sabato sera in una discoteca, oppure ad una “cover band” che regolarmente canta nei locali le cover di determinate canzoni, o alle “tribute band”, che si esibiscono omaggiando determinati artisti, o a chi suona o canta ogni domenica in un ristorante, oppure ai cantanti che scrivono canzoni originali e le pubblicano su Internet o sul mercato discografico, promuovendole poi attraverso tour e concerti.
In tutti questi casi, è evidente come l’attività venga svolta in maniera abituale, regolare e prevalente (anche se non necessariamente esclusiva). Quindi, si dovrà aprire la partita Iva e si dovrà indicare ciò che viene descritto nel prosieguo di questo articolo. Sul punto, leggi Chi ha la partita Iva?
Il musicista è obbligato ad aprire la partita Iva?
Abbiamo quindi chiarito che solo se l’attività musicale viene svolta in modo abituale, il musicista dovrà aprire la partita Iva, con tutte le implicazioni fiscali che ciò comporta (leggi Quante tasse si pagano con la partita Iva?). Più precisamente, dovrà inviare una comunicazione dell’inizio della propria attività all’Agenzia delle Entrate. Contestualmente, dovrà richiedere che gli venga rilasciata una partita Iva, attraverso la compilazione di un apposito modulo, nel quale dovrà anche indicare quale regime fiscale deve essere applicato, se quello forfettario (più economico) o quello ordinario (più oneroso).
Nella richiesta di apertura della partita Iva
, il musicista dovrà anche specificare che tipo di attività intende svolgere, indicando, nell’apposito spazio che si troverà nel modulo di richiesta, il cosiddetto “Codice Ateco“.
Per il musicista, i codici Ateco sono due, a seconda dell’attività:
- 90.03.09 – “Altre attività di creazioni artistiche” per i compositori;
90.01.09 – “Altre attività di rappresentazioni artistiche” per chi, invece, intende esibirsi e tenere concerti e spettacoli.
Chiaramente, qualora il musicista eserciti entrambe queste attività, dovrà indicare entrambi i codici.
Una volta che il musicista sarà titolare della partita Iva, per il compenso per le prestazioni rese non sarà più sufficiente una ricevuta, ma dovrà necessariamente emettere una fattura.
Quanto costa la partita Iva?
Chiarito quando è necessario avere una partita Iva, la domanda sorge spontanea: quanto costa? Partiamo, innanzitutto dal passaggio iniziale, cioè l’apertura. Qualora egli decida di aprire la partita Iva in piena autonomia, la semplice apertura, di per sé, non comporterà alcun costo, essendo tale operazione, per i liberi professionisti,
completamente gratuita. Tuttavia, una volta aperta, scatta l’obbligo di versare i contributi previdenziali, la cui consistenza e modalità di calcolo variano a seconda del regime prescelto.
Quali contributi nel regime forfettario?
Il regime forfettario è un’opzione a cui può accedere chi ha avviato o sta per avviare un’attività di impresa, un’arte o una professione e che nell’anno precedente non abbia avuto compensi o ricavi superiori a € 65.000,00 (ma bisogna precisare che la nuova Legge di Bilancio presentata dal Governo Meloni prevede di innalzare questa soglia a € 85.000,00).
La principale agevolazione del regime forfettario è rappresentata dal fatto che viene applicata una tassazione basata su un’aliquota unica del 5% per i primi 5 anni e del 15% dal 6° anno in poi.
Inoltre, con il regime forfettario, non devono essere applicate né l’Iva, né la ritenuta d’acconto del 20% ai fini dell’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche). Un altro vantaggio consiste nel fatto che chi sceglie il regime forfettario non è sottoposto all’obbligo di tenere le scritture contabili, ma dovrà semplicemente conservare le fatture (ma dal 1° luglio 2022 è previsto l’obbligo di emissione della
fattura elettronica), certificare i corrispettivi e presentare la dichiarazione dei redditi nei modi e nei tempi previsti dalla legge.
Con l’applicazione del regime forfettario, i contributi vengono calcolati applicando l’aliquota su una percentuale del fatturato, chiamata “coefficiente di redditività“. Il valore di questo coefficiente dipende dal tipo di attività svolta. Nel caso delle attività musicali, identificate dai Codici Ateco scritti sopra, la percentuale è del 67%. Ciò significa che la base imponibile, cioè il valore su cui applicare l’aliquota della tassazione, sarà costituita dal 67% del fatturato ottenuto dal musicista, in quanto il resto viene considerato come spese forfettarie legate all’attività svolta, e quindi non tassate. Ovviamente, si dovrà tenere conto anche dei contributi previdenziali deducibili.
Ad esempio, se il musicista Tizio, lo scorso anno ha fatturato € 40.000,00, ed è in regime forfettario, i contributi andranno calcolati nel modo seguente:
- 40.000,00 (fatturato nel 2021);
- 67% (coefficiente di redditività per l’attività di musicista);
- 2.000,00 (contributi deducibili);
- 40.000,00 x 67% = 26.800,00 (base imponibile lorda);
- 26.800,00 – 2.000,00 = 24.800,00 (base imponibile netta);
- 24.800,00 x 5% = 1.240,00 (contributi da versare se l’attività viene svolta nei primi 5 anni)
- 24.800,00 x 15% = 3.720,00 (contributi da versare se l’attività viene svolta dal sesto anno in poi).
Vedi anche
Quanto costa la partita Iva nel regime forfettario?
Quali contributi nel regime ordinario?
Il regime fiscale ordinario, invece, si applica a tutti coloro che non hanno i requisiti per accedere al regime forfettario. Esso comporta l’applicazione di percentuali più alte, l’applicazione dell’Iva, (che normalmente è del 22% del valore della prestazione), dell’Irpef, e di obblighi più rigorosi nella gestione della contabilità. Di contro, al fatturato su cui applicare l’aliquota dovranno prima essere sottratte le voci di spesa sostenute durante l’anno.
Per il calcolo dell’Irpef, bisogna applicare degli scaglioni che, almeno per quanto riguarda l’anno 2022, sono i seguenti:
- fino a € 15.000,00: 23%;
- da € 15.000,01 a € 28.000,00: 25%;
- da € 28.000,01 a € 50.000,00: 35%;
- da € 50.000,00 in su: 43%.
L’applicazione delle aliquote Irpef viene fatta per scaglioni di reddito. Ciò vuol dire che per la parte di reddito che ricade nel primo scaglione si applica l’aliquota del 23%. Per la parte eccedente, che non supera il secondo scaglione, si applica il 25%. Per la parte eventualmente eccedente si applica l’aliquota del 35% e così via, per poi fare la somma complessiva.
Ad esempio: se il fatturato accumulato da un musicista ammonta ad € 70.000,00, i primi € 15.000,00 ricadranno nel primo scaglione, € 13.000,00 ricadranno nel secondo scaglione, € 22.000,00 andranno nel terzo scaglione e gli ultimi € 22.000,00 nel quarto e ultimo.
Il calcolo dell’Irpef avverrà nel modo seguente:
- € 15.000,00 x 23% = € 3.450,00 (parte del fatturato che ricade nel primo scaglione);
- € 13.000,00 x 25% = € 3.250,00 (parte del fatturato che ricade nel secondo scaglione);
- € 22.000,00 x 35% = € 7.700,00 (parte del fatturato che ricade nel terzo scaglione)
- € 20.000,00 x 43% = € 8.600,00 (parte del fatturato che ricade nel quarto scaglione);
- € 3.450,00 + € 3.250,00 + € 7.700,00 + € 8.600,00 = 23.000,00 (totale Irpef).
Bisogna comunque tenere presente che le aliquote Irpef possono cambiare da un anno all’altro a seguito delle manovre varate dal Governo. Quindi, si consiglia sempre di tenere d’occhio tutte le novità.
Fino al 31 dicembre 2021, il musicista doveva pagare anche l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive), ma dal 01° gennaio 2022, gli unici soggetti tenuti al suo versamento sono le attività organizzate in forma societaria e gli enti del terzo settore.
Vi sono altri obblighi contributivi?
Vi sono ulteriori contributi che devono essere versati, a prescindere dal regime fiscale scelto. Il musicista deve iscriversi alla gestione contributiva ex Enpals (Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo e Fondo pensioni sportivi professionisti), ora assorbita dall’Inps. Questo passaggio è indispensabile, in quanto permette al musicista di ottenere il certificato di agibilità, senza il quale non può esibirsi. La violazione di questo adempimento comporta una sanzione di € 129,29 per ciascun musicista e per ciascuna giornata di lavoro.
L’iscrizione alla gestione previdenziale ex Enpals comporta l’obbligo al versamento di ulteriori contributi, più precisamente:
- un contributo del 33% del compenso pattuito tra il musicista che si è esibito e il committente. Il 9,19% di questo valore è a carico del lavoratore (da applicare in fattura o nella ricevuta per prestazione occasionale, trattenuto dal committente), mentre il 23,81% è posto a carico del committente;
- nel caso in cui il compenso giornaliero superi € 300,07, è dovuto un contributo di solidarietà pari al 5% a carico per metà al musicista e per metà al committente;
- se il compenso giornaliero supera la somma di € 137,95, è previsto anche un contributo aggiuntivo a carico del lavoratore pari all’1% della parte eccedente tale soglia. Ad esempio, se il compenso giornaliero ammonta ad € 500,00, il contributo aggiuntivo sarà calcolato nel modo seguente:
- € 500 – € 137,95 = € 362,05 (parte eccedente € 137,95);
- € 362,05 x 1% = 3,62 (importo del contributo aggiuntivo).
Vi sono delle possibilità di esenzione?
Alcune categorie di musicisti, se tengono spettacoli, manifestazioni di intrattenimento o celebrazioni di tradizioni popolari e folkloristiche, sono esentate dal rilascio del certificato di agibilità e dal versamento dei contributi ex Enpals, ma nel limite di € 5.000,00 annui. Qualora tale soglia venga superata, per tali categorie, l’obbligo di versare tali contributi sussiste, ma il loro importo viene calcolato solo sulla parte che eccedente.
Le categorie di musicisti per le quali vige l’esenzione sono:
- i minorenni;
- gli studenti che non hanno ancora compiuto 25 anni;
- i pensionati oltre i 65 anni;
- i lavoratori che sono già tenuti al versamento dei contributi ai fini della previdenza obbligatoria.
Considerazioni conclusive
Alla luce di quanto detto, è difficile stabilire a priori i costi che un musicista deve sostenere a seguito dell’apertura della partita Iva, poiché dipendono da diversi fattori; in particolar modo, dalla consistenza delle sue entrate e dal regime fiscale scelto. Bisogna comunque sottolineare che non esistono costi fissi, ma sono tutti calcolati sui compensi percepiti.
Infine, sia l’apertura della partita Iva sia lo svolgimento delle operazioni ad essa correlate (emissione delle fatture, calcolo delle tasse e dei contributi, la tenuta della contabilità, la gestione delle scadenze) possono risultare ostiche, soprattutto per chi non ha dimestichezza con queste procedure, e il rischio di errori, con conseguente possibilità di complicazioni e sanzioni, è sempre dietro l’angolo. Per questo motivo, è consigliabile appoggiarsi ad un intermediario qualificato (come un dottore commercialista o un Caf). In tal caso, sorgerà un ulteriore costo, rappresentato dall’onorario da corrispondere all’intermediario per i servizi di consulenza e di assistenza prestati (che comprenderanno anche la semplice apertura). L’ammontare di tale costo cambierà a seconda di quanti e quali adempimenti gli vengono affidati e dal regime fiscale prescelto.
Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.
Diventa sostenitore clicca qui