Sono tempi duri per il governo guidato dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. Se è vero che la leadership di Scholzomat – soprannome che contiene in sé la poca simpatia suscitata da un uomo paragonato spesso a una macchina – non ha mai goduto di vita facile, è altrettanto vero che le sue difficoltà sembrano moltiplicarsi come funghi, anziché tornare a quote più normali. Le difficoltà economiche della Germania continuano a preoccupare gli analisti, che considerano la debolezza tedesca il principale problema dell’intera Europa. L’Economist mette il punto interrogativo a quella che è, evidentemente, una domanda retorica. “La Germania è di nuovo il malato d’Europa?”, è il titolo di un editoriale pubblicato nell’edizione di questa settimana, che vede in copertina l’omino verde che compare nei semafori delle città tedesche, ma attaccato a una flebo: una chiara allusione alla coalizione di governo guidata da socialdemocratici, ambientalisti e liberali, chiamata appunto “semaforo”. Ogni giorno un nuovo sondaggio arriva ad abbattere il morale di un cancelliere che, da quando è in carica, ha avuto più grane che altro, in uno scenario internazionale che si è incupito sin dagli inizi del suo mandato, con l’invasione russa dell’Ucraina e l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche tra Occidente e Cina, e ora i guai economici della Cina stessa, laddove la Germania è il Paese che più di tutti dipende dalle esportazioni verso il gigante asiatico.
Se la Germania ha vissuto un’età dell’oro di crescita economica tra il 2006 e il 2017, ricorda il settimanale britannico, “oggi registra il terzo trimestre consecutivo di contrazione o stagnazione, e potrebbe essere l’unica grande economia a contrarsi nel 2023”. I tedeschi sono preoccupati, ma soprattutto sono insofferenti verso un governo che considerano inconcludente e inadeguato. Un sondaggio realizzato da INSA e pubblicato da Bild mostra che quasi i due terzi degli elettori tedeschi vorrebbero staccare la spina alla coalizione di governo: per il 64% degli intervistati, un cambio di esecutivo renderebbe la Germania un posto migliore, mentre solo il 22% degli intervistati ha affermato di ritenere che un’elezione non gioverebbe al Paese. Quanto al lavoro del cancelliere Scholz, ben il 70% si è dichiarato insoddisfatto, contro un 22% che lo salva.
I tedeschi non hanno smesso di rimpiangere l’era Merkel, una nostalgia che continua ancora oggi. I sondaggisti di INSA hanno chiesto agli elettori di fare un confronto tra la coalizione semaforo e la cosiddetta Grande Coalizione guidata dalla cancelliera tra CDU/CSU e SPD. Solo il 10% ha affermato che l’attuale coalizione sta andando meglio, mentre il 49% la considera peggiore. Se non altro, circa il 28% ha affermato che la valutazione varia a seconda delle aree politiche.
Il sondaggio commissionato da Bild è stato preceduto da un’altra doccia fredda. Venerdì un altro sondaggio, realizzato dal gruppo tedesco Forschungsgruppe Wahlen per conto dell’emittente pubblica ZDF, ha mostrato l’insoddisfazione degli elettori nei confronti dello stesso Scholz, rivelando che il 51% non è soddisfatto della sua prestazione in carica e che il 58% pensa che il governo stia facendo un pessimo lavoro. C’è da dire che poco più della metà dei tedeschi pensa che un governo guidato dai conservatori dell’opposizione farebbe di meglio, un dato che aiuta a comprendere l’ondata di malcontento che sostiene la volata dell’estrema destra di Alternativa per la Germania. Sabato il leader di AfD Tino Chrupalla ha affermato che il suo partito ha saldamente nel mirino la CDU/CSU, con la quota di elettori dell’AfD che è passata dal 10,3% nelle elezioni generali del 2021 al 21% negli ultimi mesi. “Il leader della CDU Friedrich Merz voleva dimezzarci”, ha detto Chrupulla, riferendosi all’affermazione di Merz del 2018 secondo cui il suo partito avrebbe respinto la sfida rappresentata da AfD. “La realtà è che siamo raddoppiati”, ha detto il politico a una conferenza per il ramo del partito nello Stato settentrionale della Bassa Sassonia. “Ora dobbiamo dimezzare la Cdu”, ha aggiunto, indicando anche i Verdi come “il partito più pericoloso” da sconfiggere.
L’ultima settimana è stata caratterizzata da tensioni sulla spesa all’interno della sempre litigiosa coalizione semaforo. Mercoledì il governo Scholz non è riuscito ad approvare una legge che offre sgravi fiscali alle società per un valore di miliardi di euro dopo il veto della ministra della Famiglia dei Verdi, che chiede miliardi di euro in denaro aggiuntivo per gli assegni familiari.
Le lotte intestine alla coalizione sono indicate anche dal Financial Times come il principale ostacolo all’attuazione di misure che potrebbero aiutare il Paese a “sistemare la sua economia”, in un quadro a tinte fosche. “Il pessimismo ha sostituito il sollievo come sentimento prevalente sulla Germania tra gli economisti”, scrive il FT, che sottolinea come “i problemi strutturali di lunga data del Paese, dall’invecchiamento della popolazione alle infrastrutture fatiscenti, siano stati aggravati dalla guerra in Ucraina, dall’aumento dei tassi di interesse e dal vacillamento del commercio globale”.
Il FMI e l’OCSE si aspettano che quest’anno la Germania sia la principale economia mondiale con le peggiori performance. Una delle cause principali – sottolinea il FT – è la flessione globale della produzione, che colpisce in modo sproporzionato la Germania poiché contribuisce per un quinto alla produzione complessiva, un livello simile a quello del Giappone, ma quasi il doppio di quello di Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Oliver Holtemöller, capo della macroeconomia presso l’Istituto di Halle per la ricerca economica, ha affermato che l’aumento dei prezzi dell’energia e le tensioni commerciali innescate dall’invasione su vasta scala della Russia hanno avuto un forte impatto sul settore. L’aumento del costo del capitale e la carenza di manodopera qualificata l’hanno inoltre messa “sotto forte pressione”, ha aggiunto. I prezzi tedeschi di gas ed elettricità rimangono più alti che in molti Paesi non europei e la produzione nei settori industriali ad alta intensità energetica della Germania, come i prodotti chimici, il vetro e la carta, è diminuita del 17% dall’inizio dello scorso anno, suggerendo perdite permanenti. “Le prospettive per l’industria tedesca sono cupe”, ha affermato Franziska Palmas, economista senior presso la società di consulenza Capital Economics.
Un giudizio severo che si aggiunge a quello dell’Economist, ancora più tranchant verso le responsabilità del governo. “L’autocompiacimento e l’ossessione per la prudenza fiscale” avrebbero portato a ridurre eccessivamente gli investimenti statali e a marginalizzare infrastrutture e digitalizzazione. Ancora, tra le cause di questa “malattia”, secondo l’Economist, “l’autogol spettacolare” che la Germania ha segnato abbandonando il nucleare, mentre la svolta verso le rinnovabili procede a rilento. E sul fronte dell’immigrazione, benché a causa dell’invecchiamento demografico Berlino abbia assunto un atteggiamento più aperto, tende più facilmente ad accogliere rifugiati che non lavoratori qualificati.
Temi come l’immigrazione, il clima e la guerra in Ucraina sono i cavalli di battaglia usati dall’estrema destra per aizzare il malcontento verso la coalizione di governo. È una retorica che dà sempre più sui nervi a Scholzomat, come ha dimostrato venerdì rispondendo a un gruppo di contestatori che lo ha fischiato rumorosamente, attaccandolo come “bugiardo climatico” e “guerrafondaio”. “Sì, i populisti di destra sono un male per la prosperità. Sono per un futuro cupo e per questo sono sempre di cattivo umore. Questa è la ragione”. Il non detto è che il primo a essere di cattivo umore è lui, che da quando ha preso il posto di Frau Merkel ha avuto nient’altro che guai.