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L’assegno di mantenimento non è più subordinato alle differenze economiche tra i due coniugi. Serve anche la prova dell’impossibilità a mantenersi da soli per ragioni diverse dalla propria volontà.

Ti sei mai chiesto come funziona l’assegno di mantenimento dopo una separazione o un divorzio? Quali sono le differenze tra i due? E quali cambiamenti ha determinato la recente riforma Cartabia che ha previsto la possibilità di presentare al tribunale, con un unico ricorso, sia domanda di separazione che quella di divorzio? In questo articolo forniremo un quadro chiaro e pratico di quelli che sono i presupposti per l’assegno di mantenimento e quello divorzile, nonché delle condizioni per ottenere una revisione degli stessi per sopraggiunta modifica delle condizioni economiche tra i due coniugi. Ma procediamo con ordine.

Separazione e divorzio congiunto: cosa cambia?

Con la riforma Cartabia, dal 1° marzo 2023, è possibile presentare una domanda di separazione e divorzio contemporaneamente. Questo però non significa che si avrà un unico procedimento. Le cause restano tra loro distinte, come distinti rimangono i presupposti e le differenze tra l’assegno di separazione e quello divorzile. Tuttavia non c’è più bisogno di depositare due ricorsi distinti (quello per il divorzio all’esito della decisione sulla separazione): oggi, con un unico atto, si dà vita a entrambe le procedure che andranno affrontate dal giudice sempre seguendo il medesimo ordine temporale: prima quella di separazione e poi il divorzio.

L’assegno di mantenimento: a chi spetta?

L’assegno di mantenimento è quello che viene riconosciuto con la sentenza di separazione. Viene riconosciuto con maggiore semplicità rispetto a quello divorzile, essendo sufficiente verificare il semplice

divario economico tra i due coniugi. Tuttavia non c’è più quell’automatismo del passato. Il giudice infatti verifica tutta una serie di ulteriori presupposti sia per il riconoscimento del contributo che per la sua quantificazione: presupposti come le spese che ciascun partner dovrà sobbarcarsi dopo la separazione (canoni di locazione, ratei del mutuo sulla casa familiare, eventuali finanziamenti), l’età del richiedente e le sue prospettive di lavoro (in altri termini, la sua potenziale capacità di produrre reddito alla luce delle condizioni fisiche, culturali e formative), i beni di cui dispone, la durata del matrimonio e ogni altro elemento utile a ricostruire lo scenario economico attuale.

L’assegno di separazione mira a garantire al coniuge economicamente più debole il tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Come vedremo a breve, questo non vale più con il divorzio.

Accordo di separazione: che valore ha?

Gli accordi raggiunti in sede di separazione potranno essere ribaltati in sede di divorzio. In altri termini, ben è possibile una separazione consensuale e un successivo divorzio giudiziale se anche uno solo dei coniugi non intende più rinnovare le concessioni che aveva precedentemente accettato.

Si pensi a una donna che, in sede di separazione, rinunci al mantenimento (anche a fronte dell’attribuzione della proprietà di un immobile) ma che poi, col divorzio, lo pretenda.

L’assegno divorzile: chi ne ha diritto?

Dopo il divorzio, l’assegno di mantenimento viene sostituito dall’assegno divorzile. Esso ha due funzioni:

  • assistenziale: viene cioè riconosciuto solo a chi, non per propria colpa, non è in grado di mantenersi da solo;
  • perequativa: viene riconosciuto in proporzione al contributo fornito alla ricchezza della famiglia e dell’ex (si pensi a una donna che, rinunciando alla carriera per fare la casalinga d’accordo col marito, abbia consentito a quest’ultimo di dedicarsi al lavoro aumentando il proprio reddito personale).

Quanto alla funzione assistenziale, è il coniuge richiedente a dover dimostrare di non essere autosufficiente. E ciò non basta: dovrà anche fornire la prova che tale condizione non dipende da lui/lei. Tanto per fare un esempio, una donna disoccupata che tuttavia è ancora giovane e capace di impiegarsi non avrà diritto al mantenimento perché l’assenza di reddito è una condizione a cui può ovviare.

Non basta più poi la semplice disparità economica – come invece è con l’assegno di mantenimento – ma è necessario che il richiedente non sia in grado di provvedere alle proprie esigenze. Sicché un insegnante che guadagni molto meno del marito non avrà diritto all’assegno divorzile essendo già comunque autosufficiente.

Abbiamo parlato di ciò nella guida Quando la moglie non ha diritto al mantenimento di cui si consiglia la lettura per una disamina più approfondita sui presupposti dell’assegno di mantenimento e di quello di divorzio.

Quanto alla funzione perequativa, non basta che il coniuge dimostri di aver rinunciato alle proprie aspettative lavorative o professionali per il bene della famiglia. Deve risultare che tale scelta è stata condivisa con il partener.

Assegno di divorzio: le condizioni per la Cassazione

l’assegno divorzile scatta per l’ex privo di mezzi adeguati e incapace di procurarseli per motivi oggettivi, andrà innanzitutto appurato se la fine del matrimonio abbia causato, comparate le condizioni economico-patrimoniali di ciascuno, un divario rilevante (

Cassazione 28936/2022). In caso di squilibrio, si deve indagare (Cassazione 11832/2023) se questo derivi da scelte personali o condivise; l’assegno viene quindi attribuito all’ex economicamente fragile per aver sacrificato – con il consenso dell’altro – le proprie aspettative lavorative o professionali (Cassazione 27948/2022).

Cambiamenti nella situazione economica: cosa succede all’assegno?

La misura dell’assegno può cambiare se le circostanze economiche di uno dei partner cambiano in meglio o in peggio, a seconda di chi sia il ricorrente. Può essere rivisto al ribasso ad esempio se il marito, onerato dell’obbligo di mantenere l’ex moglie, perde la propria capacità lavorativa, si pensiona, ha altri figli da una nuova relazione. E allo stesso modo può essere cancellato se il beneficiario inizia una stabile relazione con un nuovo partner oppure ottiene un lavoro che lo rende autosufficiente. Può invece essere rivisto al rialzo se il richiedente dimostra un peggioramento delle proprie condizioni economiche o un miglioramento di quelle dell’ex. Come detto, il fatto che la separazione o il divorzio siano avvenuti con procedura concordata – cosiddetta separazione o divorzio consensuale – non rileva affatto: gli accordi presi tra i coniugi sono definitivi solo se non mutano le circostanze di fatto.

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