- Il pignoramento è la fase con cui si dà inizio alla procedura di esecuzione forzata, a cui segue l’intervento dei creditori, con la vendita, assegnazione o distribuzione.
- Può avere ad oggetto cose mobili o immobili. Il pignoramento di cose mobili può essere effettuato presso il debitore o presso terzi.
- Il pignoramento consente di dare soddisfacimento in via coattiva al credito, nei casi in cui il debitore non vi adempie spontaneamente.
Alcuni istituti riconosciuti dal diritto sono piuttosto complessi, anche se ben noti al pubblico. Molto spesso si sente parlare di pignoramento, con il quale, erroneamente, ci si riferisce all’intera esecuzione forzata. Il pignoramento, invece, è solo una delle fasi di detto processo.
Nel seguente articolo ti daremo una panoramica completa del processo esecutivo. Spiegheremo che cos’è il pignoramento e cosa deve contenere l’atto. Procederemo ad esaminare le varie fasi, fino alla vendita o assegnazione, oltre che alla distribuzione del ricavato. Analizzeremo anche le varie tipologie di pignoramento.
Pignoramento: il processo esecutivo
Il pignoramento è una fase del processo esecutivo. Questo è disciplinato dal Libro III del Codice di rito e viene promosso in tutti quei casi in cui il debitore non esegue spontaneamente un obbligo derivante da un titolo esecutivo.
Sul piano strutturale, il processo di esecuzione forzata non segue un unico modello, ma adotta varie forme che rispondono alle diverse esigenze legate alle modalità di attuazione richieste per ogni diritto sostanziale che si fa valere. Ciò nonostante, è possibile individuare alcuni elementi strutturali e una serie di principi comuni ad ogni processo esecutivo.
Per esempio, i soggetti principali dell’attività processuale esecutiva sono:
- il creditore, quale promotore dell’azione e delle successive operazioni;
- il debitore, che subisce il processo ma non ne è parte;
- l’ufficiale giudiziario, quale organo deputato all’esecuzione in senso stretto, la cui attività si caratterizza per atti che incidono sulla realtà materiale e corrispondono alle operazioni;
- il giudice, sotto il controllo del quale si svolge l’intero processo, la cui attività è per lo più ordinaria e assume in genere le forme dell’ordinanza o del decreto.
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Pignoramento: le tipologie di esecuzione forzata
La classificazione dei tipi di processo esecutivo non dipende solo dal diverso diritto che viene fatto valere, ma ha anche a che fare con le modalità concrete di attuazione. Più precisamente, vi sono situazioni in cui i diritti possono essere eseguiti coattivamente nella loro specificità.
Vi sono poi situazioni in cui per impedimenti materiali oppure per limiti legati al rispetto della libertà della persona, la soddisfazione dei diritti non può passare per la via specifica.
Le differenze in ordine alla eseguibilità specifica dei diritti si riflettono sul piano processuale. Pertanto, in base a una prima e generale ripartizione, si parla di esecuzioni:
- in forma generica, che prevedono una fase di trasformazione del credito in denaro;
- in forma specifica, che non richiedono trasformazioni.
All’interno di queste categorie si distingue ulteriormente tra:
- espropriazione: è l’unico procedimento in forma generica ed è diretto a sottrarre al debitore quei beni di valore sufficiente a soddisfare le pretese del creditore, previa trasformazione degli stessi in denaro a mezzo vendita coattiva. Al suo interno sono presenti le forme di espropriazione mobiliare presso il debitore, espropriazione mobiliare press terzi, espropriazione immobiliare, espropriazione di beni indivisi, espropriazione contro il terzo proprietario;
- esecuzione per consegna di cose mobili o rilascio di beni immobili: il creditore ricorre a questo procedimento quando vuole ottenere la disponibilità materiale di un determinato bene mobile o immobile;
- esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare. Con esso il creditore ottiene l’esatta prestazione di fare o l’eliminazione di quanto fatto per violazione di un obbligo di fare.
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Pignoramento e titolo esecutivo
L’azione esecutiva è condizionata dall’accertamento di un diritto. Tale accertamento deve essere contenuto in quel particolare titolo denominato titolo esecutivo, idoneo a rappresentare e documentale la posizione giuridica che si vuole far valere.
Il titolo esecutivo, da solo, però non basta. Occorre, infatti, un atto con il quale venga manifestata l’intenzione di avviare una procedura esecutiva, ossia il precetto. Il titolo esecutivo, insieme al precetto, dunque, rientrano nella categoria degli atti preparatori al processo esecutivo. L’art. 474 c.p.c. afferma che l’esecuzione forzata non può avere luogo se non in virtù di un titolo esecutivo.
Il titolo esecutivo deve riguardare un diritto certo, liquido ed esigibile. In particolare, costituiscono titoli esecutivi, ai sensi del comma secondo dell’art. 474 c.p.c., tre categorie di atti, sia giudiziali sia stragiudiziali.
Questi sono:
- le sentenza, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. Con riguardo alle sentenze, si ricorda che esse divengono esecutive con il passaggio in giudicato o quando sono dichiarate esecutive dalla legge. Quanto agli altri provvedimenti giudiziali con efficacia esecutiva, si possono menzionare il decreto ingiuntivo non opposto o dichiarato provvisoriamente esecutivo, l’ordinanza di convalida di licenza o di sfratto, l’ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione, le ordinanze di cui agli artt. 186 bis, 186 ter e 186 quater c.p.c.;
- le scritture private autenticate, relativamente alla obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la sua stessa efficacia;
- gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge e riceverli.
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La notifica del titolo esecutivo
Se la legge non dispone diversamente, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva. Lo strumento della notificazione segue il regime ordinario di cui agli artt. 137 ss c.p.c, ma la notificazione deve essere fatta alla parte personalmente.

Pignoramento: il precetto
L’art. 480 c.p.c. definisce il precetto come l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.
Il precetto deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione:
- delle parti,
- della data di notificazione del titolo esecutivo o la trascrizione integrale del titolare stesso, quando richiesto dalla legge;
Non è richiesta a pena di nullità l’indicazione della dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel Comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione.
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Il precetto è un atto recettizio, cioè produce effetti quando giunge a conoscenza del destinatario – si presume conosciuto quando giunge all’indirizzo del domicilio. La notificazione del precetto, anche in questo caso, è personale.
Se nel termine di 90 giorni dalla sua notificazione non è iniziata l’esecuzione, il precetto perde efficacia. Scaduto il termine, dunque, la notificazione non è più valida e per promuovere l’esecuzione occorrerà redigere un nuovo precetto da notificare.
L’esecuzione forzata non può essere iniziata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto – in ogni caso, prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione. Tuttavia, l’art. 482 c.p.c. prevede che il Presidente del tribunale competente per l’esecuzione o il giudice da lui delegato, se vi è pericolo di ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, subordinandola o meno alla prestazione di una cauzione.
Pignoramento: il procedimento di esecuzione
L’espropriazione è un forma di esecuzione generica e riguarda normalmente denaro o beni di facile convertibilità in denaro a mezzo di vendita coattiva. La struttura del procedimento si conforma alle modalità attraverso le quali si realizzano l’attività di sottrazione dei beni e le successive operazioni di vendita per la trasformazione del bene in denaro.
La struttura del procedimento si articola nelle seguenti fasi:
- pignoramento;
- intervento dei creditori;
- vendita forzata o assegnazione;
- distribuzione della somma ricavata.
Se questa è la struttura generale, il codice poi predispone tre discipline integrative che variano a seconda dell’oggetto dell’espropriazione:
- espropriazione mobiliare presso il debitore;
- espropriazione mobiliare presso terzi;
- espropriazione immobiliare.
Il creditore può ricorrere alla procedura che ritiene più opportuna, con l’unico limite della garanzia reale. Se c’è una garanzia reale su un bene, deve sottoporre ad esecuzione primariamente i beni gravati da pegno, ipoteca o privilegio speciale.
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Pignoramento: come inizia l’espropriazione forzata?
L’art. 491 c.p.c. stabilisce che, fatta eccezione per l’ipotesi di cui all’art. 502 c.pc., cioè espropriazione delle cose date in pegno o soggette ad ipoteca, l’espropriazione inizia con il pignoramento,
Il pignoramento assolve alla funzione di vincolare i beni espropriati per evitare che il debitore li possa alienare o comunque disporre. Pertanto, l’effetto ultimo del pignoramento è quello di rendere inefficaci gli atti di disposizione compiuti dal debitore dopo che siano stati pignorati.
Si tratta, però, di un’inefficacia relativa, cioè l’atto non è valido nel rapporto tra creditore e debitore, quindi il creditore potrà ancora rivalersi sul bene pignorato. Resta però valido tra il debitore e il terzo acquirente.
Per quanto riguarda gli atti anteriori al pignoramento, questi prevalgono, restando efficaci. Una serie di atti si sottraggono a questa regola, quindi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione.
Il pignoramento è un atto posto in essere dall’ufficiale giudiziario. Per il suo compimento è però necessaria un’apposita istanza del creditore, oltre al titolo e precetto ritualmente notificati.
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Cosa contiene l’atto di pignoramento?
Il pignoramento deve anche contenere:
- i requisiti di qualsiasi atto di parte ai sensi dell’art. 125 c.p.c.;
- l’esatta indicazione dei beni e diritti immobiliari che si intende sottoporre ad esecuzione;
- l’ingiunzione al debitore di cui all’art. 492 primo comma c.p.c., di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito indicato i beni oggetto di espropriazione e i relativi frutti;
- l’invito al debitore ad eleggere o dichiarare domicilio.
Il debitore deve essere anche avvertito della possibilità di chiedere la sostituzione delle cose o dei crediti pignorati con una somma di denaro pari all’importo dovuto, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, la relativa istanza, unitamente ad una somma non inferiore a 1/6 dell’importo del credito.
Inoltre, deve anche contenere l’avvertimento che l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione – salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti o che l’opponente dimostri di non avere potuto proporre tempestivamente per cause a lui non imputabili.
Cos’è il processo verbale
L’ufficiale giudiziario redige il processo verbale della dichiarazione del debitore che da questi deve essere sottoscritta. Se il debitore indica cose mobili, queste, dal momento della dichiarazione, sono considerata pignorate.
L’ufficiale, dunque, provvede ad accedere al luogo in cui si trovano i beni. Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore dal momento della dichiarazione e il terzo è costituito custode della somma o della cosa. L’ufficiale giudiziario, se lo ritiene necessario, può anche richiedere l’assistenza della forza pubblica.

Pignoramento: l’intervento dei creditori
L’art. 2741 enuncia la regola della c.d. par condicio creditorum, in base alla quale i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore. Questo regime, sul piano sostanziale, soffre solo di una deroga consistente nelle cause legittime di prelazione, cioè privilegi, pegni e ipoteche.
Pertanto, la soddisfazione dei creditori titolari di cause legittime di prelazione è sempre prioritaria rispetto a quella di altri creditori.
Su un piano formale, la regola della par condicio conosce dei limiti legati alle modalità proprie dell’espropriazione. Più precisamente, la distribuzione del denaro ricavato dalla vendita coattiva dei beni oggetto di pignoramento è diretta a vantaggio, oltre che del creditore procedente, anche dei soli creditori che siano intervenuti nell’espropriazione.
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Una prima forma di intervento consiste nella partecipazione all’atto di pignoramento. Si tratta nel caso dei creditori pignoranti contemporanei o quello del creditore pignorante successivo sul medesimo bene. In entrambe le ipotesi, i pignoramenti trovano luogo in un unico processo.
L’intervento più frequente è quello che si effettua con la partecipazione alla distribuzione della somma ricavata. Possono intervenire:
- i creditori muniti di titolo esecutivo;
- i creditori che, al momento del pignoramento, avevano un diritto di pegno e un diritto di prelazione risultante da pubblici registri;
- avevano eseguito il sequestro sui beni pignorati;
- i creditori che erano titolari di una somma di denaro risultante dalle scritture contabili, al momento del pignoramento.
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Pignoramento: vendita e assegnazione
Il pignoramento perde efficacia se nei 45 gg successivi dal suo compimento non viene presentata istanza di assegnazione o vendita. Per la presentazione dell’istanza è previsto un termine dilatorio. Può essere proposta solo dopo che siano passati dieci giorni dal pignoramento.
Legittimati a proporre questo tipo di richiesta sono il creditore procedente e i creditori intervenuti tempestivamente, muniti di titolo esecutivo.
A seguito della presentazione dell’istanza, il giudice dell’esecuzione stabilisce le modalità con cui avverrà la vendita forzata dei beni pignorati o la loro assegnazione. La vendita forzata ha come scopo quello di trasformare in denaro i beni assoggettati a pignoramento.
L’assegnazione, invece, consiste nel conferimento diretto del bene pignorato al creditore. Si tratta dunque di una sorta di datio in solutum – cioè l’istituto per cui il creditore può accettare una diversa prestazione rispetto a quella originaria, consentendo l’estinzione del credito – che si basa sulla relazione tra il valore del bene e l’entità del credito.
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Pignoramento: distribuzione della somma ricavata
Dopo la vendita forzata, si procede alla distribuzione della somma ricavata:
- se vi è un solo creditore pignorante, il giudice, sentito il debitore, dispone a favore del creditore il pagamento di capitale, interessi e spese;
- in caso di intervento degli altri creditori, si redige un progetto di distribuzione tenendo conto dei privilegi e delle cause di prelazione e accantonando somme che spetterebbero agli intervenuti privi di titolo esecutivo, i cui crediti siano stati riconosciuti. Il progetto può essere redatto dai creditori e approvato dal giudice: in questo caso è detto amichevole, oppure, se non vi è accordo, è il giudice a redigere – in questo caso è detto giudiziale.
Devono comunque essere soddisfatti con preferenza i creditori con diritto di prelazione e poi i creditori chirografari tempestivi, in ultimo i chirografari tardivi.
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Pignoramento – Domande frequenti
Il pignoramento è una fase del processo esecutivo, tramite il quale si consente al creditore di soddisfarsi direttamente sul patrimonio del debitore in via coattiva.
Il pignoramento rende indisponibile il bene, che non potrà essere alienato: per saperne di più leggi la nostra guida completa sulla procedura di pignoramento.
Il pignoramento può essere di beni mobili, immobili, presso il debitore o presso terzi.

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